Castel Volturno si trova nuovamente al centro dell’attenzione per un’operazione della magistratura che ha portato al sequestro di 43 immobili costruiti abusivamente su suolo demaniale, legati al clan Belforte. Questi edifici, un tempo container e successivamente trasformati in villette, erano occupati da familiari dei boss Salvatore e Domenico Belforte, che attualmente scontano una pena detentiva. L’indagine, condotta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, va ad affrontare il problema dell’abusivismo edilizio che da anni affligge questa area del litorale casertano.
Le strutture che oggi vengono descritte come villette sono state inizialmente container, evolvendosi nel tempo fino a trasformarsi in complessi abitativi che nulla hanno da invidiare a quelli delle località turistiche. A partire dagli anni ’80, il clan Belforte ha iniziato a occuparsi della costruzione di questo “quartiere” a Castel Volturno, una località che all’epoca era meta di numerosi cittadini casertani e napoletani in cerca di un luogo dove trascorrere le proprie vacanze. La vicinanza al mare e il contesto naturale erano fortemente attrattivi, creando una ridotta domanda di alloggi.
Nonostante le autorità locali avessero piena conoscenza della situazione, con il tempo e il mutare delle amministrazioni, le costruzioni abusive si sono diffuse senza controllo. Dal momento in cui il clan ha avviato l’attività, sono stati eretti edifici che hanno violato le leggi urbanistiche e i diritti di proprietà, provocando un grave dissesto ambientale.
Questa situazione ha suscitato l’attenzione della giustizia che, dopo anni di impunità, ha avviato indagini che hanno portato alla scoperta di una vera e propria rete di abusivismo edilizio.
Le villette sequestrate ospitavano, tra gli altri, la sorella e il fratello di Salvatore e Domenico Belforte, insieme a una ventina di altri familiari. Ciò evidenzia come il clan, nonostante i provvedimenti di arresto e l’azione repressiva delle forze dell’ordine, abbia continuato a mantenere un certo grado di coesione e presenza territoriale, utilizzando queste abitazioni per continuare a riunirsi e trascorrere del tempo insieme.
Le recenti operazioni di sequestro, quindi, non solo hanno interrotto un ciclo di vacanze illegali per i membri del clan, ma hanno anche avuto un impatto significativo sull’immagine e la presenza del clan nella comunità locale.
L’operazione che ha portato al sequestro delle villette è stata supportata da un decreto di sequestro preventivo emesso dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Questa misura ha ricevuto il benestare del giudice per le indagini preliminari, sottolineando l’urgenza e l’importanza dell’operazione. Gli inquirenti hanno lavorato a stretto contatto con i carabinieri di Mondragone e la Guardia Costiera, per portare alla luce una realtà di abusivismo mai veramente affrontata in modo adeguato.
È emerso che non ci sono state segnalazioni o denunce riguardo ai casi di abusivismo, il che indica un problema di fiducia nei confronti delle autorità locali. Questo dato allarma e dimostra come l’abusivismo possa prosperare anche in assenza di interventi attivi da parte delle forze dell’ordine.
Il sequestro degli immobili non rappresenta semplicemente un’azione contro il clan Belforte, ma è anche un segnale forte e chiaro alla comunità. Le autorità intendono far capire che l’abusivismo edilizio non sarà tollerato e che ci saranno conseguenze per coloro che scelgono di infrangere la legge, contribuendo a una cultura dell’illegalità.
Un’azione coordinata come questa potrebbe rivelarsi un passo fondamentale per tornare sulla retta via e ripristinare la legalità in un territorio segnato da decenni di abusivismo.
Legambiente ha reso noto che la Campania rappresenta il 15% dei reati connessi al cemento a livello nazionale. Questo dato è emblematico di una crisi strutturale e profonda che colpisce l’urbanistica nella regione. L’organizzazione ha sottolineato come molti quartieri, costruiti senza le dovute autorizzazioni, rientrino in un ciclo di economia criminale, che alimenta il saccheggio del territorio.
Francesca Ferro di Legambiente ha specificato che l’abusivismo edilizio continua a proliferare, spesso alimentato da una scarsa volontà politica di affrontare seriamente il problema. La misura del sequestro dei 43 immobili, quindi, si iscrive in un contesto ben più ampio, dove l’assenza di controlli adeguati e l’inerzia delle istituzioni alimentano un contesto di illegalità.
Per affrontare l’emergenza rappresentata dall’abusivismo edilizio, Legambiente suggerisce di intensificare i controlli e potenziare le attività di demolizione delle strutture abusive. Una maggiore responsabilizzazione da parte delle autorità sarebbe necessaria, affinché il territorio possa finalmente recuperare l’integrità e la sicurezza necessarie.
Secondo l’osservatorio di Legambiente, dal 2004 al 2022, la Campania ha emesso un numero impressionante di ordinanze in relazione all’abusivismo edilizio. Questo porta a una riflessione urgente su come fermare questa piaga e avviare una nuova fase di legalità e rispetto per il suolo.
L’operazione esemplificativa in località Bagnara potrebbe segnare l’inizio di un nuovo approccio da parte delle autorità, con la speranza che venga intrapreso un percorso sempre più deciso contro l’abusivismo edilizio, restituendo dignità e regole al territorio campano.