Accumulo di magma nei Campi Flegrei: studio di Nature avverte, rischio monitorato con attenzione

Negli ultimi anni, i Campi Flegrei sono stati al centro di studi vulcanologici approfonditi, in particolare per quanto riguarda il comportamento del magma sotto la caldera. Recentemente pubblicato su Nature, uno studio condotto da un team di ricerca dell’INGV, dell’Università Roma Tre e dell’Università di Ginevra ha fornito nuove evidenze sull’accumulo di magma a profondità relativamente superficiali. Sebbene non ci siano segnali immediati di eruzione, gli esperti avvertono sull’importanza di monitorare la situazione, poiché la pressione crescente potrebbe rappresentare un rischio significativo.

L’accumulo del magma ai Campi Flegrei

Dinamiche del magma sottostante

Negli ultimi sedici anni, le ricerche condotte sui Campi Flegrei hanno rivelato un progressivo accumulo di magma a circa 4 chilometri di profondità, rispetto al serbatoio principale ubicato a 8 chilometri. Questo movimento del magma è stato oggetto di studio dal 2007, periodo durante il quale è iniziata una nuova fase di bradisismo, caratterizzata da un sollevamento costante del suolo. Nelle zone intorno al Rione Terra di Pozzuoli, sono stati registrati aumenti di circa 1,3 metri dal 2006.

La ricerca, guidata da esperti del settore, ha utilizzato una combinazione di tecniche geodetiche, simulazioni numeriche e analisi petrologiche per monitorare gli spostamenti del magma. Le tecniche avanzate hanno reso possibile una mappatura dettagliata dell’attività magmatica, supportando la comprensione delle dinamiche sismiche e delle deformazioni vulcaniche nella caldera. Questo lavoro di monitoraggio è cruciale per prevedere eventuali cambiamenti nel comportamento vulcanico.

Impatti potenziali sul territorio

Il continuo accumulo di magma non ha solo implicazioni geologiche, ma rappresenta anche un potenziale rischio per la popolazione. I Campi Flegrei si trovano in una delle aree più densamente popolate d’Europa, rendendo necessaria una vigilanza costante. Gli esperti hanno sottolineato come la situazione richieda attenzione, soprattutto con l’aumento della pressione nel sottosuolo, che potrebbe innescare attività vulcanica.

Il lavoro di monitoraggio è quindi essenziale per garantire la sicurezza della popolazione locale. Anche se l’assenza di segnali di imminente eruzione è rassicurante, l’accumulo costante di magma deve essere visto con cautela. La prevenzione e la preparazione sono le chiavi per mitigare eventuali rischi futuri.

Osservazioni e conclusioni degli esperti

Analisi della deformazione superficiale

Nell’analizzare i dati raccolti tra il 2007 e il 2023, i ricercatori hanno notato che la deformazione causata dall’attività magmatica è collegata non solo alla sorgente superficialmente pressurizzata, ma anche a quella più profonda. La fonte più superficiale ha mostrato un aumento di volume, mentre quella a 8 chilometri ha subìto minori deflazioni. Questi risultati indicano chiaramente una interazione complessa tra le parti più alte e più basse della caldera.

Le simulazioni meccaniche mostrano chiaramente come la sismicità e la deformazione condividano un legame diretto, suggerendo che il magma in risalita da 8 chilometri di profondità ha un ruolo cruciale nell’attività in corso. Nonostante non ci siano segnali di eruzione imminente, è essenziale continuare il monitoraggio della situazione per prevedere eventuali modifiche nella dinamica vulcanica.

Raccomandazioni per il futuro

Le raccomandazioni degli esperti sono chiare: mantenere un’attenta vigilanza e una preparazione adeguata è fondamentale per prevenire potenziali scenari di emergenza. La ricerca sottolinea l’importanza di un approccio scientifico e sistematico nel seguire le evoluzioni della caldera.

Elisa Trasatti, dell’Osservatorio Nazionale Terremoti dell’INGV, sottolinea l’urgenza di osservare continuamente il comportamento dei Campi Flegrei e di non abbassare la guardia. Le recenti osservazioni sul rallentamento della velocità di sollevamento del suolo e dell’attività sismica, pur essendo positive, devono essere interpretate con precauzione. La regione è ancora attiva e il rischio non può mai essere sottovalutato, rendendo cruciale il continuo lavoro di monitoraggio e studio scientifico.

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Redazione