La violenza nel calcio è un tema che continua a occupare le prime pagine dei giornali sportivi e non solo. Recenti eventi hanno riacceso il dibattito su come affrontare e sconfiggere questo inaccettabile fenomeno. Alfredo Trentalange, candidato alla presidenza dell’Associazione Italiana Arbitri , ha messo in luce la necessità di un’azione congiunta tra diverse entità sportive. La sua posizione si è fatta sentire dopo l’ultima aggressione ai danni di un arbitro di Terza Categoria nel Lazio, un episodio che ha portato i presidenti di Sezione del Cra Lazio a decidere di non designare gli arbitri per le partite del weekend.
Il discorso di Alfredo Trentalange sottolinea l’urgenza di una collaborazione strutturata tra tutte le componenti del panorama calcistico italiano. Secondo lui, per affrontare in modo efficace la violenza nel calcio, è fondamentale che la Federazione Italiana Gioco Calcio , la Lega Nazionale Dilettanti, la Lega Pro, e le leghe di Serie A e Serie B lavorino in sinergia. Trentalange ha criticiato le iniziative simboliche, seppur significative, che non portano a risultati concreti nella lotta contro la violenza. La sua convinzione è che il problema non possa essere ridotto a una semplice questione di iniziative isolate, ma debba piuttosto diventare una priorità che unisce e mobilita tutte le realtà coinvolte.
La mancanza di una strategia condivisa può portare a misure che, anziché affrontare la questione alla radice, finiscono per essere poco più che “parruccate” temporanee. Trentalange ha fatto notare come le aggressioni agli arbitri non siano un problema isolato, ma un fenomeno che si estende a tutto il territorio nazionale. Questo richiede un’analisi più ampia e una risposta rafforzata da parte di tutti gli attori del calcio italiano, che devono mettere da parte interessi personali e societari in favore di un obiettivo collettivo: garantire un ambiente sportivo sicuro e rispettoso.
Trentalange ha evidenziato il ruolo chiave che l’AIA può svolgere in questo processo di cambiamento. L’associazione, secondo il candidato alla sua presidenza, non può più limitarsi a essere un ente che gestisce i direttori di gara, ma deve diventare catalizzatore per una vera e propria rivoluzione culturale nel calcio. La violenza, ha affermato, non colpisce solo gli arbitri, ma danneggia l’intero ecosistema calcistico, influenzando negativamente tutti coloro che fanno parte di questo mondo, dai giocatori ai tifosi.
Per l’AIA, il cambiamento deve essere profondo e strutturale, ponendo centrali le problematiche relative alla sicurezza e al rispetto reciproco. Trentalange ha lanciato un appello a tutte le istituzioni calcistiche a unirsi affinché le minacce alla sicurezza degli arbitri e degli operatori del calcio diventino una priorità nell’agenda sportiva. Solo affrontando la questione come un problema collettivo si potranno vedere risultati tangibili e duraturi.
L’importanza di un’azione collettiva è stata enfatizzata da Trentalange con l’obiettivo di far prevalere l’interesse comune rispetto a quelli individuali. Secondo il candidato, continuare a lavorare in ordine sparso, ognuno per la propria strada, è controproducente e non porterà mai alla risoluzione del fenomeno violento nel calcio. “Andare ognuno per la propria strada”, ha osservato, “significa anteporre i propri interessi personali invece di unire le forze per eliminare una problematica che affligge tutti.”
Questo invito alla collaborazione ha trovato risonanza in molte voci del mondo calcistico, che riconoscono la necessità di un cambiamento radicale. La responsabilità non ricade solo sulle spalle degli arbitri, ma riguarda tutti coloro che operano nel settore, inclusi i dirigenti, i giocatori e i tifosi. Se la violenza deve essere messa al bando, è essenziale che si lavori nella stessa direzione con coerenza e determinazione.
Un futuro senza violenza nei campi di calcio italiani è un obiettivo difficile ma possibile, purché si faccia un passo avanti uniti, con l’impegno di tutte le parti interessate.