La questione dell’autonomia regionale continua a far discutere in Europa, specialmente in riferimento alla gestione delle emergenze e alla protezione civile. A tal proposito, è utile esaminare le recenti dichiarazioni di alcuni governatori italiani e i problemi emersi in Spagna, dove la gestione di una grave emergenza metereologica ha messo in luce le difficoltà legate alla decentralizzazione dei poteri. L’analisi si concentra sulla responsabilità delle autorità locali, l’esigenza di coordinamento nazionale e le implicazioni della gestione delle crisi.
Negli ultimi tempi, i governatori di Veneto, Piemonte e Lombardia hanno avviato un dibattito acceso sull’applicazione della legge per l’autonomia differenziata. Dopo un incontro con il ministro Calderoli, i governatori hanno dichiarato che inizieranno a implementare l’autonomia partendo dalla gestione della protezione civile, in risposta alle critiche ricevute riguardo alla necessità di definire prima i Livelli Essenziali di Prestazione . Questi rappresentano gli standard minimi che tutti i cittadini devono ricevere in servizi essenziali come sanità e istruzione. Il messaggio simbolico di queste dichiarazioni è chiaro: le regioni vogliono dimostrare che sono pronte a gestire autonomamente ambiti dove i Lep non sono un prerequisito.
Questa decisione ha suscitato preoccupazioni circa la possibilità di creare disparità nei servizi di emergenza tra le diverse aree del paese. I governatori arricciano il naso di fronte a chi sostiene che l’autonomia non possa prescindere da un quadro di riferimento nazionale che garantisca l’uniformità dei servizi. Questo dibattito si inserisce nel contesto di un sistema nazionale di protezione civile forte, che ha mostrato i suoi benefici nei momenti di crisi, come il terremoto in Campania nel 1980.
Dal canto suo, la Spagna sta vivendo una situazione simile, evidenziata dalla gestione disastrosa da parte del governatore della Generalitat Valenciana, Carlos Mazón, durante un’eccezionale emergenza maltempo che ha causato danni ingenti. Le critiche si concentrano sulla preparazione e sull’efficacia delle autorità regionali nella prevenzione e nella risposta all’emergenza. Mazón è stato accusato di non aver attivato nei tempi corretti i protocolli di emergenza e di aver gestito male il coordinamento tra i soccorritori e i volontari.
Lo scaricabarile delle responsabilità tra il governo regionale di Mazón, sostenuto da partiti di centrodestra, e il governo centrale socialista ha complicato ulteriormente la situazione. Le difficoltà riscontrate nel mobilitare l’esercito, che è intervenuto solo giorni dopo la catastrofe, hanno alimentato il dibattito su come le autonomie regionali possano talvolta risultare inadeguate in scenari drammatici. Questa situazione non solo ha messo in discussione le capacità della Generalitat Valenciana, ma ha anche evidenziato il rischio che interessi politici interferiscano con decisioni vitali per la sicurezza dei cittadini.
A seguito di questi eventi, emergono interrogativi fondamentali sul modello di coordinamento delle emergenze. Entrambi i casi, italiano e spagnolo, mettono a confronto due sistemi di governance regionale che si dibattono tra l’autonomia e la necessità di una risposta efficace e tempestiva nelle crisi. Se la protezione civile è responsabilità delle regioni in Spagna, è pur vero che la mancanza di un coordinamento adeguato ha amplificato i danni. In Italia, la proposta di devolvere ulteriori competenze alle regioni potrebbe portare a simili problematiche.
È fondamentale riconoscere che non tutte le funzioni possono essere delegate senza il rischio di perdere l’efficacia. Ci sono settori, come la protezione civile, dove una sinergia tra i diversi livelli di governo garantirebbe meglio una risposta rapida e concertata. L’esperienza offre un monito: disfare il sistema di coordinamento nazionale, che si è dimostrato efficace in passato, potrebbe rivelarsi un rischio per la sicurezza e per l’efficienza dell’intervento nelle situazioni critiche.
A fronte delle sfide moderne, dall’emergenza climatica alle pandemie, la domanda si fa urgente: come possiamo garantire che le capacità di risposta siano, al tempo stesso, decentralizzate e coordinate? In definitiva, la protezione civile deve rimanere una priorità per tutti, a prescindere dalle spinte autonomiste che possono confondere le competenze necessarie per affrontare le crisi.