Una bambina di appena un anno residente a Cortina d’Ampezzo, in provincia di Belluno, è stata ricoverata in ospedale a seguito del consumo di un formaggio realizzato con latte crudo. L’inserimento del prodotto contaminato nella dieta della giovane ha portato a una grave tossinfezione, identificata come ShigaToxin-producing Escherichia Coli , complicata da una sindrome emolitico-uremica. Fortunatamente, la bambina ha ricevuto le cure necessarie e le sue condizioni ora sono stabili.
L’allerta sanitaria recentemente lanciata ha portato il Ministero della Salute a ritirare dal mercato 50 lotti di formaggio noto come “Saporito della Val di Fassa“. Questo prodotto, proveniente dal Caseificio sociale di Predazzo e Moenna Sca, è stato richiamato a causa della possibile contaminazione da Escherichia Coli – Stec. Tale brusca azione riaccende il dibattito sui pericoli associati al consumo di formaggi non pastorizzati, in particolare nei confronti dei più giovani.
La questione riguarda in particolare il latte crudo, anche definito come latte munto e refrigerato ma non trattato termicamente, il quale può contenere batteri nocivi poiché non subisce processi di sterilizzazione. La presenza di patogeni è legata a diversi fattori, incluso il contatto degli animali da allevamento con il suolo e gli escrementi. I rischi derivanti da questa condizione includono infezioni batteriche e tossinfezioni, con potenziali conseguenze anche molto gravi, come la sindrome emolitico-uremica, un problema noto ma raro che può colpire i bambini.
Negli ambienti di allevamento, nonostante le migliori pratiche igieniche, è quasi impossibile eliminare completamente questi organismi patogeni. I patogeni comuni legati al latte crudo comprendono oltre all’Escherichia coli, anche il Campylobacter, la Listeria e la Salmonella. Le infezioni da questi batteri possono causare vari disturbi gastrointestinali, fino ad arrivare a complicazioni severe come deidratazione, coliche addominali intense e, nei casi più gravi, necessità di ricovero ospedaliero.
I formaggi a latte crudo possono variare notevolmente nelle loro caratteristiche, sia freschi sia stagionati. Per identificare un formaggio come potenzialmente rischioso, è essenziale controllare l’etichetta. Se il prodotto contiene latte pastorizzato, questo è generalmente considerato sicuro anche per i bambini e le persone più vulnerabili. Tuttavia, nel caso di utilizzo di latte crudo, le etichette di solito non specificano ulteriori trattamenti e si limitano a indicare semplicemente “latte”.
La stagionatura è un fattore critico per la sicurezza dei formaggi a latte crudo. Formaggi che sono stati stagionati per almeno 60 giorni possono eliminare certi patogeni, sebbene l’ideale sia consumare prodotti che hanno immediatamente più di 24 mesi di affinamento. Formaggi come il Parmigiano-Reggiano e il Grana Padano fanno parte della lista di prodotti realizzati con latte crudo e, sebbene possano essere più sicuri, resta fondamentale calcolare il rischio associato al loro consumo.
In generale, anche se la legislazione italiana stabilisce regole rigorose per il trattamento e la commercializzazione del latte crudo, è importante per i consumatori considerare questi fattori e disciplinare il consumo di tali prodotti, specialmente tra i più piccoli e le donne in gravidanza.
In Italia, il rischio legato al consumo di formaggi a latte crudo è prevalentemente connesso a imprudenze da parte dei consumatori. Per le famiglie con bambini piccoli, in particolare quelli sotto i 5 anni, si consiglia cautela nell’introdurre questi prodotti nella loro dieta. La normativa in vigore richiede che i prodotti a latte crudo siano chiaramente etichettati e che il consumatore sia informato riguardo alle misure di precauzione da adottare, come la bollitura del latte prima del consumo.
Il decreto legge n. 158 del 13 settembre 2012 sottolinea proprio l’importanza di queste indicazioni per garantire la sicurezza alimentare. Specialmente quando si mangia fuori casa, è opportuno accertarsi che i formaggi e gli accompagnamenti siano preparati nel rispetto delle normative di igiene e sicurezza. L’attenzione a questi dettagli può determinare una protezione adeguata per la salute dei soggetti più vulnerabili, evitando così spiacevoli conseguenze legate a contagi e infezioni.