L’operazione di polizia contro il clan Esposito-Nappi ha portato all’arresto di undici individui nel quartiere napoletano di Bagnoli e aree circostanti. L’azione, avvenuta sotto coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, ha rivelato un quadro complesso di atti criminali che dimostrano il radicamento della mafia nella zona. Gli arrestati sono accusati di vari reati, tra cui associazione di stampo mafioso e traffico di stupefacenti. Sullo sfondo, un omicidio avvenuto 24 anni fa torna alla ribalta con i presunti colpevoli identificati dalle autorità.
Il recente blitz della polizia, che ha portato all’arresto di un gruppo di undici persone legate al clan Esposito-Nappi, rappresenta una delle operazioni più significative nella lotta contro la criminalità organizzata nella zona di Napoli. Il clan è stato attivo storicamente nei quartieri di Bagnoli e Agnano, sfruttando la vulnerabilità economica e sociale del territorio per espandere la propria influenza. Gli arrestati sono accusati di una serie di reati che includono non solo l’associazione mafiosa, ma anche spaccio di droga, detenzione di armi e favoreggiamento personale, tutti aggravati dal metodo mafioso.
Le indagini hanno rivelato che il clan Esposito-Nappi opera sotto l’egida dell’“Alleanza di Secondigliano”, mantenendo forti legami con altre organizzazioni criminali, in particolare il clan Licciardi. La rete di alleanze ha permesso al clan di rafforzare la propria posizione sul mercato della droga e nelle attività illecite locali. Questi legami strategici, unitamente a continui conflitti per il predominio territoriale, hanno condotto a una situazione in cui il clan ha potuto esercitare il controllo su diverse attività criminali, comprese quelle legate allo spaccio di sostanze stupefacenti e alla gestione di parcheggi abusivi.
Uno degli aspetti più allarmanti emersi dalle indagini riguarda la gestione del traffico di droga da parte del clan. Il gruppo criminale era specializzato nella vendita di hashish, seguendo ogni fase della filiera, dall’approvvigionamento alla distribuzione al dettaglio. Questo business altamente redditizio ha permesso al clan di generare guadagni significativi, con introiti che potevano arrivare fino a 5.000 euro al giorno. Per garantire il successo di queste operazioni, il clan impiegava minacce fisiche nei confronti di parcheggiatori abusivi, costringendoli a versare una parte dei loro guadagni.
Le indagini hanno anche segnalato un’ampia disponibilità di armi da fuoco da parte del clan. Diversi arsenali sono stati scoperti e sequestrati nel corso delle operazioni, rivelando la pericolosità del gruppo e la loro predisposizione all’uso della violenza per mantenere il controllo sul territorio. Questa situazione ha contribuito a un clima di paura e insicurezza per le comunità locali, che spesso si trovano a dover convivere con tali realtà criminali.
Anche un omicidio risalente a 24 anni fa è stato riaperto in seguito alle indagini. Gli arresti recenti hanno visto l’identificazione di due dei presunti responsabili dell’omicidio di Antonio Ivone, ucciso il 29 agosto 2000 nel quartiere Rione Traiano. Questa nuova misura, emessa dal Gip di Napoli dietro richiesta della DDA, evidenzia la connessione tra il clan Esposito-Nappi e atti di violenza passata, ponendo ulteriori interrogativi sulle dinamiche mafiose nel territorio.
Le operazioni condotte dalla polizia di Napoli e dalla Direzione distrettuale antimafia non solo hanno portato alla cattura di membri del clan, ma hanno anche sollevato preoccupazioni più ampie sulle reti di malaffare che persistono nella regione. La complessità del fenomeno mafioso richiede un’attenzione costante, sia da parte delle forze dell’ordine che della società civile, per garantire una risposta efficace alle minacce della criminalità organizzata.