Un recente caso giudiziario ha messo in chiaro la responsabilità delle banche di fronte ad errata comunicazione di IBAN
Affidare i propri soldi alla gestione di una banca è una scelta di grande fiducia che il cittadino compie nei riguardi dell’economia statale.
Spesso infatti sono all’ordine del giorno truffe e tentativi di furto, sia online che offline, i quali incidono sull’incolumità della persona nonché del suo patrimonio personale.
Tra le operazioni ordinariamente compiute dagli utenti vi sono i bonifici, i quali con codici di sicurezza fanno reperire importi di varia quantità a soggetti selezionati.
Tuttavia il problema sorge quando è la banca stessa a gestire erroneamente i soldi. Una recente vicenda giudiziaria ha evidenziato maggiormente il ruolo della responsabilità di questi istituti.
Il caso Intesa Sanpaolo
La Corte di Cassazione ha confermato, con la sentenza n. 17415 del 25 giugno, la condanna di Intesa Sanpaolo S. p. A. a risarcire 40. 000 euro a favore della curatela di una società fallita. Tale risarcimento è originato da un bonifico errato, in cui l’importo previsto per la società è stato erroneamente accreditato a un soggetto terzo non identificato. La Corte ha ribadito che, in simili circostanze, la banca è ritenuta responsabile qualora non dimostri di aver adottato tutte le cautele necessarie per identificare correttamente il beneficiario del pagamento.
La questione nasce da un errore commesso dalla Banca Popolare di Vicenza, poi accorpata in Intesa Sanpaolo. Un indennizzo assicurativo di Reale Mutua destinato alla procedura fallimentare A. A. è stato erroneamente accreditato a un soggetto non identificato. La banca non ha provveduto a verificare la corrispondenza tra il nome del beneficiario e il codice IBAN fornito. Il Tribunale, e successivamente la Corte d’Appello di Brescia, hanno accertato che l’istituto di credito non ha rispettato le precauzioni richieste dalla normativa sui servizi di pagamento (D. Lgs. 11/2010) e dalla legge sulla tutela della privacy.
Cosa stabilisce la Cassazione
La Cassazione ha evidenziato che la responsabilità della banca si fonda sul principio di vicinanza della prova, che impone all’intermediario di dimostrare di aver adottato misure adeguate per prevenire errori. Inoltre, il rapporto tra l’utente e la banca, anche se derivante da un semplice “contatto sociale qualificato“, comporta obblighi di diligenza professionale. La normativa prevede due forme di tutela per l’utente: la restitutoria, che consente il recupero delle somme trasferite erroneamente; la risarcitoria, applicabile in caso di danni derivanti dalla violazione delle normative.
La Corte ha stabilito che, qualora il beneficiario di un pagamento elettronico non detenga un conto presso la banca intermediaria, quest’ultima è tenuta ad applicare le regole del diritto comune. L’intermediario è obbligato a verificare eventuali incongruenze nei dati e, in caso di errore, a informare l’utente fornendo indicazioni per le procedure correttive.