Calitri: il festival di Vinicio Capossela illumina un paesino d’Alta Irpinia tra memoria e musica

Sistemandosi tra le affascinanti strade di Calitri, il festival di Vinicio Capossela, tenutosi dal 3 al 6 gennaio, ha saputo attrarre un pubblico variegato, specialmente tra le nuove generazioni. Questo evento non si è limitato soltanto a un’esperienza musicale di qualità, ma ha anche messo in luce il patrimonio culturale e sociale di un centro dell’Alta Irpinia, spesso dimenticato. Qui, il tempo sembra essersi fermato, e le tracce di un passato glorioso si intrecciano con la vita quotidiana del paese.

Un viaggio nel centro storico

Calitri è un luogo dove la bellezza del suo centro storico è evidenziata da grotte scavate nel tufo, che raccontano secoli di storia. Passeggiando per le stradine, si possono osservare le targhe toponomastiche adornate con il fascio littorio, simbolo del periodo fascista. Un’installazione così singolare non lascia indifferenti i visitatori, i quali si trovano di fronte a un campionario di passato che si intreccia in modo inaspettato con il presente.

La targa che indica il corso Garibaldi è particolarmente emblematica. È di metallo laccato in smalto bianco, con lettere blu scure. La presenza del fascio littorio in alto a sinistra fa subito intravedere come questa targa sia collegata a un’epoca ben specifica. Accanto a essa, alcuni segni di vandalismo, come pietre lanciate per distruggerla, raccontano di un rifiuto collettivo verso quel passato che ha segnato profondamente la storia italiana. Nonostante ciò, la targa è rimasta al suo posto, un’anomalia che suscita interrogativi e riflessioni sul valore della memoria.

Segni del passato in un bar di Calitri

Un altro punto di interesse di Calitri è rappresentato da uno dei bar principali, che pur presentando insegne moderne e mura pulite,cela dentro di sé un messaggio di resistenza storica. Sotto la saracinesca, quando scivola giù, emergono scritte di un’epoca passata, rimaste intatte nel tempo: “Vota Pci” e “W il Pci”, accompagnate dal simbolo della falce e martello. Un chiaro manifesto di una storia politico-sociale di un paese che ha conosciuto l’urbanizzazione e l’emigrazione.

Questi graffiti potrebbero risalire agli anni Sessanta, quando il PCI aveva una forte influenza, e potrebbero essere stati tracciati da un cittadino che aspirava a un cambiamento. Nonostante il passare degli anni e la continua evoluzione della società, la saracinesca è rimasta così com’era, forse per rispetto e riconoscimento di questi drammatici eventi storici. La scritta rappresenta anche un’eredità di speranze e sogni che stanno ora nel contesto di un’epoca che pare lontana, ma che è sempre viva nei ricordi degli abitanti.

La risonanza del festival

Il festival di Vinicio Capossela è stata un’opportunità imperdibile per scoprire un’atmosfera che unisce melodia e narrazione. La musica, capace di attraversare epoche e generazioni, ha permesso di rivivere le emozioni di un tempo e di confrontarsi, anche solo per un momento, con le storie di chi ha vissuto nei decenni passati. Capossela, con il suo stile evocativo e le sue canzoni, ha saputo catturare l’essenza di questo luogo, accompagnando il pubblico in un viaggio profondo tra le rovine e le memorie di un passato che non va dimenticato.

Mentre gli spettatori ballavano e cantavano, Calitri diventava un palcoscenico che raccontava le sue storie, quelle di chi è partito in cerca di fortuna e di chi è rimasto, tenendosi stretto a un’identità forte e ricca di storia. La musica, quindi, si è rivelata non solo un veicolo di svago, ma anche un modo per tenere vivo il dialogo con le tradizioni e per riflettere su come il passato possa, in qualche modo, influenzare il presente.

Published by
Valerio Bottini