Caso doping: due sciatori norvegesi penalizzati, il ricorso del CAS in attesa di decisione finale

Nel mondo dello sport professionistico, il tema del doping continua a suscitare dibattiti e preoccupazioni. Recentemente, due noti sciatori di fondo norvegesi hanno affrontato squalifiche per violazioni legate a sostanze proibite. Il ricorso alla Corte Arbitrale per lo Sport sta ora esaminando i casi, gettando un’ombra sulle carriere di Therese Johaug e Martin Sundby. Analizziamo in dettaglio questi due episodi significativi nel contesto delle regole antidoping.

Il caso di Therese Johaug: il clostebol e le conseguenze

La scoperta e la giustificazione di Johaug

Nel settembre 2016, Therese Johaug, considerata una delle migliori sciatrice di fondo della Norvegia, risultò positiva al clostebol, una sostanza anabolizzante vietata. La scoperta è avvenuta in seguito a un controllo antidoping effettuato in preparazione per le competizioni invernali. Johaug spiegò che il clostebol era presente nel suo sistema a causa di un unguento, il Trofodermin, utilizzato per trattare le ustioni solari sulle labbra, un rimedio che le era stato fornito dal medico della squadra, Fredrik Bendiksen. Quest’ultimo ha ammesso di non aver verificato attentamente l’etichetta del prodotto.

L’iter sanzionatorio e le affermazioni di Johaug

Dopo la positività, il Comitato Olimpico Norvegese sanzionò Johaug con una sospensione di 13 mesi. Tuttavia, il ricorso presentato dalla WADA portò la Corte Arbitrale per lo Sport a prolungare la squalifica a 18 mesi, proibendole di prendere parte alle Olimpiadi invernali del 2018. La reazione di Johaug alla sentenza fu carica di emozione, dichiarando di sentirsi trattata ingiustamente e sostenendo di aver fatto tutto il possibile per assicurarsi che il prodotto fosse sicuro. Tuttavia, la commissione del CAS osservò che la sciatrice non aveva svolto un controllo di base sull’unguento, che conteneva ingredienti proibiti e avvertimenti relativi al doping. Questo episodio ha messo in luce l’importanza del rispetto delle norme antidoping, anche in caso di uso apparente di prodotti innocui.

Il caso di Martin Sundby: tra asma e regolamenti antidoping

Le violazioni e le conseguenze per Sundby

Un altro noto sciatore di fondo norvegese, Martin Sundby, ha affrontato una situazione analoga, ma con dinamiche diverse. Nel 2015, Sundby è stato sanzionato dopo essere risultato positivo al salbutamolo, un farmaco utilizzato per trattare l’asma. La violazione è stata rilevata in due occasioni durante le gare di Coppa del Mondo a Davos e Dobbiaco. La prima valutazione della FIS non aveva considerato la sua positività come violazione, poiché Sundby utilizzava il farmaco per una condizione medica preesistente.

Il ruolo del CAS e l’esito finale

Tuttavia, la WADA presentò un appello, e il CAS intervenne ribaltando la decisione della FIS, sancendo che Sundby non aveva ottenuto l’esenzione necessaria per utilizzare una dose superiore a quella normalmente consentita. Di conseguenza, i risultati dell’atleta per le gare in questione vennero annullati, e il CAS decise di infliggere una sospensione di due mesi, una misura ritenuta più equa dato il contesto medico. Nonostante la sanzione, la federazione norvegese decise di rimborsare Sundby le cifre perse per i premi di competizione, sottolineando la complessità e le sfide legate all’applicazione delle normative antidoping.

Le ramificazioni per il futuro degli atleti

Il dibattito sulle regole antidoping

I casi di Johaug e Sundby evidenziano le sfide affrontate da molti atleti professionisti nel rispettare le normative sul doping. Entrambi i casi, pur nella loro unicità, sollevano interrogativi su come le sostanze proibite possano sorgere in modo involontario e su quali misure dovrebbero essere adottate per garantire che gli atleti siano protetti, mentre si tutela l’integrità delle competizioni sportive.

L’importanza della prevenzione e dell’informazione

Questi episodi illustrano anche l’importanza di una corretta informazione e formazione per i team medici e gli atleti stessi, per evitare che utilizzino prodotti che potrebbero comportare conseguenze indesiderate. In un contesto di pressione competitiva estrema, la necessità di un’adeguata supervisione e gestione delle sostanze diviene cruciale per mantenere standard etici e sportivi elevati. La continua evoluzione delle regole antidoping richiede uno sforzo costante da parte di tutti gli attori coinvolti nel panorama sportivo.

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Redazione