Un’importante sentenza della Corte di Cassazione ha confermato la condanna per omicidio colposo nei confronti di Massimiliano Mecozzi, un medico omeopata, in relazione alla tragica morte di Francesco Bonifazi, un bambino di soli sette anni. La decisione cattura l’attenzione non solo per il drammatico epilogo della vicenda, ma anche per le implicazioni che essa porta riguardo l’uso di pratiche omeopatiche in contesti di emergenza medica. La vicenda risale al maggio 2017 quando, dopo una serie di consultazioni e trattamenti non adeguati per un’otite, Francesco è deceduto a causa delle complicazioni derivanti da una encefalite.
La condanna del dottor Mecozzi è stata emessa dalla Corte di Appello di Ancona, che ha sottolineato come il medico, interpellato ripetutamente dai familiari, avesse sottovalutato la gravità della situazione clinica del bambino. L’otite, inizialmente diagnosticata, ha subito un’evoluzione preoccupante in ascesso cerebrale, condizione che ha determinato il decesso del piccolo Francesco. Cruciali, nel corso del processo, sono stati i dettagli emersi dall’istruttoria: il medico non ha effettuato una visita ortoscopica, fondamentale per l’individuazione di infezioni gravi, e ha prescritto esclusivamente trattamenti omeopatici. Una scelta in netto contrasto con le indicazioni delle Linee guida della Società Italiana di Pediatria e del Ministero della Salute, che raccomandano la somministrazione di antibiotici in situazioni simili.
Le testimonianze fornite durante il processo hanno rivelato che il dottore, piuttosto che fornire il trattamento adeguato, ha messo in guardia i genitori da possibili danni derivanti dall’uso di farmaci antibiotici. In una manovra che ha suscitato sconcerto, ha suggerito di evitare l’ospedalizzazione e di non ricorrere a farmaci convenzionali. La prova di una responsabilità diretta del medico nella morte di Francesco è quindi risultata schiacciante.
Nel corso del processo, ha avuto un ruolo significativo la costituzione di parte civile da parte del nonno di Francesco, assistito dall’avvocato Federica Mancinelli, e dall’Unione Nazionale Consumatori, rappresentata dall’avvocato Corrado Canafoglia. È emerso che l’azione legale si è concentrata sulla richiesta di giustizia per la tragica perdita e sulla necessità di stabilire un chiaro principio riguardo l’importanza di ricorrere a pratiche mediche tradizionali in caso di necessità. Le indagini difensive hanno corroborato la tesi che la morte di Francesco sia da attribuire alla condotta trascurata del dottor Mecozzi.
A sostegno di questa posizione, esperti come il professor Matteo Bassetti e il professor Enrico Bucci hanno confermato le irregolarità nel trattamento e il nesso diretto tra la scelta omeopatica e il tragico epilogo. Non solo la vicenda di Francesco sembra essere un caso isolato, ma si è dimostrato che vi sono stati incidenti simili in altri Paesi, dove bambini sono morti a causa di trattamenti omeopatici inadeguati per infezioni gravi.
La sentenza della Corte di Cassazione ha un significato particolare non solo per la famiglia Bonifazi, ma per l’intera comunità medica e per le famiglie italiane. Gli avvocati coinvolti hanno sottolineato che questa decisione rappresenta una vittoria per il diritto alla salute e un chiaro monito riguardo l’importanza di seguire le evidenze scientifiche nel trattamento delle malattie. Come evidenziato dall’avvocato Canafoglia, il processo ha messo in luce come la medicina tradizionale debba essere sempre tenuta in considerazione, e in assenza di miglioramenti dopo tre giorni di trattamento omeopatico, la soluzione debba necessariamente orientarsi verso i trattamenti ufficiali.
La speranza, espressa dai rappresentanti delle parti civili, è che questa sentenza possa fungere da deterrente per comportamenti simili in futuro, affinché altri non siano costretti a combattere il dolore di una perdita evitabile. La vicenda di Francesco serve dunque come un invito alla riflessione sull’importanza di scegliere consapevolmente i percorsi di cura, ricordando che dietro ogni numero, ogni sentenza, ci sono vite e famiglie che sperano in giustizia e in un futuro migliore.