Chiara Françoise Charlotte Mastroianni, figlia d’arte di due icone del cinema, ha recentemente tenuto una masterclass durante la Festa di Roma. In questa occasione, ha condiviso aneddoti e riflessioni sulla sua vita e sulle sue esperienze artistiche, rivelando il complesso, ma umano, legame con suo padre, Marcello Mastroianni, e la madre, Catherine Deneuve. Attraverso un dialogo sincero e ironico, emerge un ritratto del grande attore italiano e della sua visione del mondo.
Il metodo di lavoro di marcello mastroianni
Chiara Mastroianni ha descritto in modo vivido il modo di lavorare di suo padre, sottolineando che non seguiva un metodo rigido nel suo approccio alla recitazione. “In realtà non ne aveva,” ha affermato, aggiungendo che l’essenza del suo lavoro consisteva nella totale disponibilità verso il regista. Marcello Mastroianni credeva fortemente nella pazienza. La sua filosofia era che prima o poi il momento giusto sarebbe arrivato, sia in scena che nella vita. La pazienza, secondo lui, non era solo una virtù, ma necessaria per affrontare la lunga e spesso incerta carriera di attore.
Questa attitudine ha permesso a Marcello di inserirsi in una realtà cinematografica complessa, dove le lunghe attese e i cambiamenti sono all’ordine del giorno. La disponibilità, insieme alla capacità di aspettare momenti propizi, ha contribuito al suo successo duraturo. Chiara ricorda come questo approccio non fosse solo professionale, ma si riflettesse anche nella vita personale di Marcello, che, in ferie, si sentiva spesso a disagio e annoiato, preferendo la frenesia del set alla tranquillità delle vacanze.
Una mascolinità reinventata
Un aspetto intrigante della personalità di Marcello Mastroianni, secondo Chiara, era il modo in cui ha reinterpretato la mascolinità in un’epoca dominata da stereotipi. “La sua modernità era evidente anche quando la sua voce veniva doppiata perché considerata non abbastanza virile,” ha commentato. Marcello ha sceneggiato ruoli che sfidavano le convenzioni, affrontando tematiche come l’omosessualità e la paternità in modo audace e innovativo, come dimostrato dal suo ruolo nell’opera di Jacques Demy.
Chiara sottolinea come suo padre odiasse l’etichetta di “latin lover“, che sembrava incatenarlo a un’idea di mascolinità tradizionale. Piuttosto, la sua voglia di esplorare e dare voce a personaggi complessi ha fatto di lui un simbolo di una nuova visione maschile, capace di abbracciare vulnerabilità e introspezione.
La vita dietro le quinte del cinema
Per Marcello, il set era la vera dimora, il luogo dove si sentiva più a suo agio e realizzato. Chiara racconta come, durante le vacanze, suo padre non trovasse piacere nel relax, anzi, appariva inquieto. Il set era il suo habitat naturale, un ambiente dove potere esprimere il suo talento senza costrizioni.
In un racconto divertente, Chiara menziona l’amore di suo padre per il telefono. Era solito acquistare gettoni telefonici, in quanto adorava contattare quotidianamente amici e familiari. Talvolta, le chiamate erano giustificate in modo inusuale, come ad esempio chiedendo informazioni sul tempo a Parigi per creare alibi per la sua vita sentimentale intricata. Chiara non può fare a meno di notare come, nonostante la fama e il successo, Marcello continuasse a mantenere una certa fragilità, affrontando la vita con il suo humor e la sua astuzia.
Il ricordo di grandi amici
Chiara ricorda con grande affetto la prima volta che incontrò Sophia Loren, descrivendola inizialmente come un mito irraggiungibile. La realtà, tuttavia, si rivelò molto diversa: Sophia si mostrò amichevole e genuina, un contrasto rispetto all’immagine pubblica, tanto che il legame con Marcello si rivelò una collaborazione straordinaria, entrambi esponenti di un’epoca d’oro del cinema.
La presenza di Federico Fellini è stata per Chiara un pilastro. Sin da piccola, sul set de “La città delle donne”, lo percepiva come un amico di suo padre. Solo in seguito ha realizzato la grandezza del regista. Le sue esperienze a Cinecittà, descritte con tono nostalgico, rivelano l’atmosfera unica di quel periodo, in cui grandi artisti si incontravano e collaboravano all’interno di un ambiente vibrante e creativo.
Una riflessione sulla vigliaccheria e l’autenticità
Chiara Mastroianni non ha paura di affrontare i lati oscuri della personalità di suo padre, ammettendo che Marcello si definiva “un vigliacco“. Questa autoanalisi ha permesso a Chiara di riflettere sulla complessità del carattere del padre, una figura che, pur con fragilità, sapeva affrontare il mondo con intelligenza e umorismo. Le sue acute osservazioni sulla vita, le relazioni e le menzogne che accompagnavano la sua esistenza pubblica rivelano un uomo consapevole delle proprie debolezze, capace di ridere di se stesso. La vulnerabilità, in questo caso, emerge come una chiave di lettura affascinante dell’universo Mastroianni, offrendo un ritratto più sfumato e autentico.