L’infiltrazione della criminalità organizzata nel mondo dello sport ha trovato un nuovo capitolo nella storia del Savoia Calcio, con il clan Gionta di Torre Annunziata che esigeva pizzo e favori. Questi dettagli inquietanti emergono dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, emerse nel corso di una recente indagine condotta dai carabinieri. Il rapporto tra mafia e sport in questa area è un fenomeno radicato e complesso, con implicazioni che vanno oltre il semplice illecito economico.
Nei primi anni 2000, il clan Gionta non si limitava a esercitare il controllo su attività illecite, ma aveva esteso la sua influenza anche sul Savoia Calcio. Secondo quanto riportato dai pentiti, come Michele Palumbo, il clan imponeva il pagamento di tangenti ai vertici della squadra, creando un sistema di coercizione che includeva anche la richiesta di favori legati ai jugadores. Durante un interrogatorio del 29 ottobre 2015, Palumbo ha illustrato il quadro di intimidazioni e richieste estorsive che caratterizzavano la relazione tra il club calcistico e la criminalità organizzata.
I collaboratori di giustizia hanno descritto anche la modalità attraverso cui avvenivano tali estorsioni. Le dazioni di denaro erano spesso accompagnate da regalìe, come gli abbonamenti dati ai figli degli affiliati. Questa pratica di corruzione sistematica non si limitava agli anni passati, ma sembrerebbe protrarsi nel tempo, come riferito anche da Pietro Izzo. Le sue affermazioni durante l’interrogatorio del 14 marzo 2022 hanno rivelato che anche se la squadra ha cambiato nome e sede, “la squadra paga l’estorsione”.
La situazione si complica ulteriormente quando si esaminano le somme di denaro richieste dal clan. Nel verbale di un interrogatorio del 30 aprile 2009, Vincenzo Saurro ha rivelato che il clan Gionta aveva imposto a Moxedano, il presidente dell’epoca, il pagamento di una tangente che si aggirava tra i quattrocentomila e cinquecentomila euro. Questo importo stratosferico ha avuto conseguenze dirette sulla gestione economica della squadra.
Dopo il pagamento della tangente, il clan Gionta ha deciso di aumentare gli stipendi dei propri affiliati, cominciando un processo di redistribuzione delle risorse economiche che aveva come obiettivo il rafforzamento della propria rete di controllo. Saurro ha dichiarato che questo aumento salariale ha riguardato non solo lui, ma tutti gli affiliati, con stipendi che sono passati da una media di 1500-2000 euro a una cifra compresa tra i 3000 e i 3500 euro. Questa mossa non solo ha alimentato la fedeltà degli affiliati, ma ha anche consolidato il potere del clan Gionta nel territorio.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno fornito un quadro dettagliato delle dinamiche mafiose che operano dietro il Savoia Calcio, portando a una serie di arresti oggi eseguiti dai carabinieri di Torre Annunziata. Questi arresti sono frutto di un’inchiesta che ha messo in luce un sistema di corruttela e intimidazione che persiste da anni nella città. L’operazione di oggi segna un passo importante nella lotta della magistratura contro la mafia e l’infiltrazione nelle istituzioni sportive.
L’attenzione delle forze dell’ordine e della DDA di Napoli si concentra ora sull’approfondimento delle rivelazioni emerse. Questi sviluppi fanno sperare che la legalità possa riprendere il suo corso, restituendo dignità e trasparenza a un ambiente sportivo che, come dimostrano le indagini, è stato profondamente compromesso dalla presenza della criminalità organizzata.
La vicenda del Savoia Calcio e del clan Gionta è un chiaro esempio di come la mafia possa infiltrarsi in ogni aspetto della vita sociale, riducendo l’autenticità e il divertimento che lo sport dovrebbe rappresentare. La speranza è che le azioni delle autorità possano segnare un cambio di rotta per la comunità e il mondo del calcio in questa regione.