Concessioni balneari in Campania: 700 aziende per 1.291 concessioni e un mare di polemiche

Le concessioni balneari in Campania sono al centro di un acceso dibattito, sia a livello locale che europeo, specialmente durante l’estate. Con 700 aziende balneari registrate nella regione, la situazione sembra avvolta in una fitta rete di incertezze e disparità economiche locali. In questo articolo, esploreremo i dettagli delle concessioni, i problemi legati alle spiagge libere, l’impatto dell’erosione costiera, lo sciopero dei balneari e le prospettive economiche di questo settore cruciale per il turismo in Campania.

La situazione delle concessioni balneari in Campania

Numero e distribuzione delle concessioni

In Campania, il numero delle concessioni balneari è impressionante: ben 1.291 concessioni totali, di cui 1.125 riservate a stabilimenti balneari e 166 per campeggi, circoli sportivi e strutture turistiche. Le 700 aziende balneari presenti nella regione si distribuiscono in modo asimmetrico: 280 nella provincia di Napoli, 275 a Salerno e 140 a Caserta. Questo squilibrio porta a una gestione altamente disomogenea delle risorse lungo la costa campana, creando zone di grande conflitto.

Canoni d’affitto e discrepanze economiche

Un tema caldo sono i canoni di affitto per le concessioni, che variano notevolmente anche tra stabilimenti simili. A Napoli, ad esempio, il canone per il Bagno Elena a Posillipo si attesta a 25 mila euro, mentre altre strutture, come Villa Beck, pagano somme considerevolmente inferiori. Questo solleva interrogativi sulla trasparenza e sulla giustizia dei criteri applicati nella determinazione dei canoni, riportando alla domanda: “Perché ci siano queste notevoli discrepanze?”

In effetti, i canoni d’affitto per le concessioni demaniali marittime a Napoli oscillano tra un minimo di 1.314 euro e un massimo di 50.476 euro. L’Autorità di sistema portuale gestisce questi valori seguendo parametri stabiliti dalla legge, ma la pubblicazione della lista dei concessionari sul sito ufficiale della Regione Campania non sembra dissipare i dubbi sulla correttezza delle valutazioni economiche fatte.

Le spiagge libere e le restrizioni

Un’occupazione quasi totale delle spiagge

Il fenomeno delle concessioni balneari ha portato a una situazione paradossale: quasi il 70% delle spiagge campane è occupato da stabilimenti, un dato che pone la Campania in una posizione svantaggiata rispetto ad altre regioni italiane, dove le spiagge libere sono più abbondanti. Un’ulteriore complicazione è rappresentata dalla chiusura di molte spiagge libere a causa di inquinamento e altre problematiche, come evidenziato dal rapporto di Legambiente.

Esempi di queste spiagge inaccessibili includono quella di Licola, a Pozzuoli, da anni compromessa da inquinamento e situata vicino a canali di scolo, e la spiaggia di Torre del Greco, che confina con un’area industriale. Queste chiusure non solo limitano l’accesso al mare per i cittadini, ma evidenziano anche un mancato investimento e una carenza di attenzione da parte delle autorità.

Erosione costiera e sciopero dei balneari

L’emergenza dell’erosione costiera

Un altro aspetto cruciale da considerare è l’erosione costiera, che colpisce oltre 46 chilometri di lunghezza della costa campana. Questo fenomeno non solo compromette la sicurezza delle strutture esistenti, ma solleva anche interrogativi riguardo alla sostenibilità delle concessioni a lungo termine.

Nei prossimi giorni è previsto il primo sciopero dei balneari a livello nazionale, che coinvolgerà anche i concessionari della Campania. Questa protesta non è solo un atto di solidarietà ma riflette una crescente frustrazione per l’incertezza legislativa che circonda le concessioni.

Origine e contesto dello sciopero

Questo sciopero trova le sue radici nella direttiva Bolkestein dell’Unione Europea, risalente al 2006, che richiede la messa a bando delle concessioni balneari. Nonostante i continui rinvii da parte del governo italiano e le proroghe, l’ultima scadenza è fissata per il 31 dicembre 2023. La recente sentenza del Consiglio di Stato ha ulteriormente complicato le cose, mettendo in discussione la legalità delle proroghe.

Le preoccupazioni crescenti tra i concessionari locali riguardano l’idea che un’asta potrebbe favorire grandi operatori industriali, a scapito delle piccole aziende locali che hanno investito ingenti somme per migliorare le proprie strutture.

Prospettive economiche del settore balneare

Ricavi e crescita del settore

Malgrado le difficoltà legislative e le incertezze economiche, il settore balneare rappresenta una fonte significativa di guadagno per molti imprenditori in Campania. Gli stabilimenti balneari, infatti, guadagnano in media circa 150 mila euro all’anno. Quest’anno, il costo per lettini e ombrelloni ha raggiunto livelli record, rendendo la fruizione delle spiagge un’opzione sempre più costosa.

Ad esempio, l’area di Palinuro, particolarmente apprezzata dalla classe media, ha visto i costi settimanali per un ombrellone e due lettini oscillare tra 146 e 209 euro, come evidenziato da Altroconsumo. Nella provincia di Caserta, i prezzi giornalieri per gli stessi servizi variano tra 30 e 50 euro, delineando un panorama variabile a seconda delle zone.

Sfide future e necessità di trasformazione

Questa disparità di prezzi e l’inadeguatezza dei canoni di concessione stanno spingendo l’Unione Europea a richiedere gare competitive, per garantire prezzi di mercato più equi e trasparenti. Tuttavia, la paura di una concorrenza sleale con grandi consorzi internazionali frena il governo italiano dal muoversi con decisione. La necessità di trovare un equilibrio tra le esigenze dei concessionari locali e il rispetto delle normative europee appare più urgente che mai. Quali misure adottare per risolvere questa delicata situazione? Le scelte future potrebbero definire il destino di un’intera economia regionale.

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Redazione