A Napoli, un acceso dibattito sulla celebrazione della Messa in latino ha portato a una mobilitazione tra i fedeli e teologi locali. Da quando l’arcivescovo Mimmo Battaglia ha emesso un decreto che vieta le celebrazioni liturgiche in rito antico, eccetto per un istituto di religiosi, è emersa una richiesta unanime per la revoca di queste restrizioni. La petizione firmata da 250 persone, oltre a evidenziare la passione per il rito tradizionale, rappresenta un’espressione di dissenso nei confronti delle recenti decisioni ecclesiastiche.
Il 10 maggio, il decreto dell’arcivescovo Battaglia ha intensificato le tensioni tra i sostenitori della Messa in latino e la Curia di Napoli. Il documento ha escluso la celebrazione delle Messe antiche, limitandole a un solo istituto religioso. Questa decisione ha scatenato una reazione immediata da parte dei gruppi di fedeli, che hanno raccolto 250 firme per chiedere un cambiamento.
Il 22 novembre, è programmata un’assemblea in un albergo, che riunirà teologi, canonisti e studiosi con l’intento di discutere dell’applicazione del motu proprio “Traditionis Custodes” di Papa Francesco. Durante questo incontro, si richiederà non solo la revoca del divieto imposto dall’arcivescovo Battaglia, ma anche un’applicazione più favorevole ai gruppi di fedeli desiderosi di tornare a celebrare secondo le tradizioni liturgiche precedenti al Concilio Vaticano II.
Il malcontento è palpabile tra i praticanti di questo rito, che vedono la loro spiritualità e le loro pratiche tradizionali messe a repentaglio. Molti di loro vedono nel latino non solo una lingua, ma un legame profondo con la storia della Chiesa e una spiritualità che sentono autentica e necessaria.
Monsignor Nicola Bux, noto teologo e già consigliere di Papa Benedetto XVI, ha espresso le sue preoccupazioni riguardo alla questione. Nel contesto attuale, Bux ha notato come la messa in latino abbia raggiunto una crescente popolarità, giustificando così la richiesta di una maggiore disponibilità a Napoli. Secondo lui, Benedetto XVI aveva iniziato a riconoscere un certo disagio tra i fedeli verso le celebrazioni liturgiche moderne, che in alcuni casi sono state percepite come “deformate” rispetto alla loro originale intimità e sacralità.
Con il motu proprio “Summorum Pontificum” del 2007, Benedetto XVI aveva infatti incoraggiato la celebrazione della Messa in latino, riconoscendo l’esistenza di comunità di fedeli desiderose di tornare a pratiche liturgiche più tradizionali. Questo approccio ha portato a una rinascita del rito antico che non sembra volersi fermare, dato il crescente sostegno che riceve in vari ambiti ecclesiastici e tra i laici.
Tuttavia, l’attuale limitazione della celebrazione a un unico istituto religioso solleva interrogativi su come soddisfare le esigenze di una popolazione così vasta e diversificata.
La decisione dell’arcivescovo Battaglia di limitare la celebrazione della Messa in latino trova il suo contesto nel più ampio discorso ecclesiastico avviato da Papa Francesco con il motu proprio “Traditionis Custodes” del 2021. Sebbene questo documento non abolisse il rito antico, ha decisamente stretto le maglie per la sua celebrazione, costringendola fuori dalle parrocchie tradizionali.
Monsignor Bux commenta che, mentre la Curia partenopea ha giustificato la sua decisione per mantenere l’unità liturgica, questa scelta potrebbe risultare insufficiente per rispondere alle aspirazioni di molti fedeli. Secondo Bux, sarebbe opportuno diversificare i luoghi e le occasioni di celebrazione del rito antico, suggerendo che almeno tre Messe in latino siano organizzate in diverse zone di Napoli per rispondere alle necessità di una comunità così vasta.
In questo contesto, il dialogo tra la Curia e i numerosi praticanti della Messa in latino si fa ogni giorno più necessario, per evitare che i fedeli si sentano sempre più lontani dalla propria Chiesa e dalle celebrazioni a cui sono legati.