In Italia, la crisi economica ha portato a un preoccupante aumento delle imprese a rischio usura. Sottoposte a enormi difficoltà finanziarie, molte realtà artigiane e commerciali si trovano sull’orlo dell’insolvenza. Recenti dati dell’Ufficio studi della CGIA rivelano come il numero complessivo di queste attività sia cresciuto di oltre 2.600 unità nell’ultimo anno, con un grave impatto soprattutto nel Sud Italia. La crescente presenza di queste imprese segnala un allerta su scala nazionale, contribuendo a un quadro allarmante per l’economia italiana.
Secondo lo studio effettuato dalla CGIA, le imprese italiane che rientrano nella categoria a rischio usura hanno superato quota 118.000. Questo numero rappresenta un incremento significativo e preoccupante, considerando che nel periodo precedente c’era stata una tendenza al ribasso. La maggior parte delle realtà che si trovano a far fronte a questa grave situazione è composta da piccole e medie imprese, artigiani e commercianti, i quali, per vari motivi, hanno “scivolato” nell’area dell’insolvenza.
Un aspetto cruciale del fenomeno è rappresentato dalla segnalazione alle istituzioni finanziarie. Le imprese in difficoltà vengono annotate nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, limitando la loro possibilità di accedere a nuovi prestiti. Questo sistema di “schedatura” comporta un circolo vizioso che affossa ulteriormente la già precaria situazione economica degli imprenditori. Da segnalare che un terzo delle imprese a rischio si trova nel Sud del Paese, un dato che sottolinea le disparità economiche tra le diverse aree nazionali.
Analizzando i dati a livello provinciale, emergono chiaramente le aree più colpite. Le grandi metropoli come Roma, Milano, Napoli, Torino e Firenze mostrano i numeri più elevati di aziende segnalate come insolventi. Al 30 giugno, Roma si attesta al primo posto con ben 10.827 aziende in difficoltà, seguita da Milano con 6.834 e Napoli con 6.003.
Il rapporto evidenzia anche le province dove il peggioramento percentuale è stato maggiore nell’ultimo anno. In particolare, Benevento ha registrato un notevole incremento del 17,3%, seguita da Chieti e Savona . Si stima che, al Sud, siano circa 39.538 le aziende in sofferenza, mentre nel Nordovest il numero scende a 29.471, e nel Centro si registrano 29.027 casi. Da notare che, nonostante il Nordest abbia il minor numero di aziende in crisi, esso conta comunque 19.677 realtà in difficoltà economica.
Un altro aspetto inquietante emerso dalle indagini della Direzione Investigativa Antimafia è il legame tra usura e criminalità organizzata. Sebbene la pratica usuraria si manifesti maggiormente nel Sud, i fondi illecitamente guadagnati attraverso questa attività vengono poi investiti al Nord. Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Toscana sono tra le regioni dove il denaro proveniente da attività illecite viene frequentemente reimpiegato. Questo fenomeno solleva interrogativi su come affrontare la questione e proteggere le imprese oneste da pratiche predatorie.
Molti imprenditori si trovano in difficoltà anche a causa di ritardi o mancati pagamenti da parte dei loro clienti, una situazione che contribuisce a spingerli verso l’insolvenza. Ancora una volta, emerge il pericolo di un’impossibilità per queste aziende di accedere al credito, sancendo così la loro esclusione dal sistema bancario e rischiando di cadere nelle reti degli usurai.
Il crescente numero di aziende a rischio usura ha portato la CGIA a lanciare un appello urgente per il rafforzamento delle risorse destinate al ‘Fondo di prevenzione dell’usura’. Questo strumento rappresenta una possibile soluzione per supportare gli imprenditori in difficoltà, offrendo loro un’assistenza economica necessaria per superare momenti di crisi. La CGIA sottolinea l’importanza di intervenire in modo proattivo per evitare che questo problema si diffonda ulteriormente, minacciando la stabilità di un’intera categoria imprenditoriale.
Il potenziamento di tali misure non solo potrebbe garantire un sostegno tempestivo agli imprenditori vulnerabili, ma contribuire anche a una retorica economica più sostenibile e inclusiva per il futuro.