Il tragico crollo della Vela Celeste ha lasciato profondi segni non solo nelle vite delle persone direttamente coinvolte, ma anche nel tessuto sociale di una comunità già fragile. Giuseppe e Francesco Russo, due zii delle piccole ferite, hanno fatto appello al governo affinché intervenga rapidamente per garantire assistenza e una sistemazione dignitosa. La loro storia è una testimonianza di resilienza in un momento di grande difficoltà.
Le bambine coinvolte nel crollo della Vela Celeste sono state dimesse dall’ospedale Santobono, ma si trovano attualmente senza un’abitazione stabile. Dopo il disastro avvenuto il 22 luglio, la vita della famiglia Russo è completamente cambiata. Anche se le piccole stanno ricevendo le cure necessarie, la mancanza di un luogo sicuro in cui tornare solleva preoccupazioni legate alla loro salute e benessere. I genitori delle bambine, anche loro membri della famiglia, sono stati travolti dalla tragedia e si trovano in una situazione di vulnerabilità.
La famiglia, ora ospitata temporaneamente da una zia, vive un’esistenza precaria, con l’urgente necessità di una sistemazione permanente. Angoscia e incertezza caratterizzano le loro giornate mentre attendono risposte e atti concreti da parte delle istituzioni. L’avvocato Angelo Pisani, che rappresenta i Russo, ha sottolineato l’importanza di un intervento statale che consideri non soltanto la salute fisica delle bambine, ma anche i loro legami affettivi e la stabilità necessaria a ricostruire una vita normale.
In un gesto di forte responsabilità e determinazione, Giuseppe e Francesco Russo hanno redatto una lettera indirizzata alla presidente del consiglio, Giorgia Meloni. Nella lettera, ribadiscono la necessità di assistenza immediata, esprimendo il desiderio che il governo si faccia carico delle famiglie colpite dall’incidente, seguendo l’esempio di quanto già realizzato per altre situazioni difficili, come avvenuto a Caivano. Affermazioni come “C’è urgente bisogno dello Stato e di aiuti veri. Non promesse per nascondere i problemi” rivelano la frustrazione di chi ha visto la propria vita ridotta in miseria in seguito a eventi ineluttabili.
Nel documento, gli zii delle bambine descrivono anche la loro vita pre-disastro. Lavoratori onesti, uno impiegato come cameriere e l’altro come aiuto macellaio, erano riusciti a costruire una routine, pur mantenendo un fitto al Comune. Adesso, quella vita è stata stravolta e si trovano ad affrontare le difficoltà quotidiane senza alcun appoggio economico.
La lettera si conclude con richieste concrete: una sistemazione abitativa per le bambine e per la famiglia allargata, oltre a un’indennità economica che possa garantire la loro sopravvivenza. “Noi abbiamo perso tutto” affermano con tristezza, evidenziando l’urgenza di trovare un equilibrio che consenta di sostenere le bambine, considerate le veri innocenti di una situazione così devastante.
La famiglia Russo, consapevole della gravità della propria situazione, si trova a combattere contro un sistema burocratico che sembra lento e inadeguato, mentre la vita delle piccole e delle loro famiglie continua a essere appesa a un filo. La speranza è che le autorità, ascoltando queste richieste, possano attuare soluzioni efficaci e immediate per alleviare le sofferenze di chi ha perso tanto.