Nella giornata in cui la Cassazione ha autorizzato il referendum per abrogare la legge sull’autonomia differenziata, Antonio D’Amato, ex presidente di Confindustria e attuale leader della Fondazione Mezzogiorno, ha espresso la sua posizione su un tema che ha sollevato un acceso dibattito a livello nazionale. D’Amato sottolinea la necessità di rivedere radicalmente la riforma del Titolo V, introdotta nel 2001, che ha prodotto, secondo lui, conseguenze negative sul funzionamento delle istituzioni locali e sul coordinamento tra i vari livelli di governo.
Una riforma problematica
Il dibattito sulla riforma del Titolo V del 2001 ha assunto nuovi contorni grazie all’interpretazione della Cassazione, che ha dato il via libera al referendum. D’Amato evidenzia come, a distanza di oltre vent’anni dall’introduzione della legge, le dinamiche sociali ed economiche siano mutate in modo significativo. Secondo l’ex industriale, la legge attuale ha reso problematico il funzionamento delle istituzioni, causando conflitti e dove le comunità locali si trovano a fronteggiarsi in un contesto di forte conflittualità.
La sua analisi si concentra sulla moltiplicazione dei poteri di veto, che non solo rendono più complessa l’amministrazione locale, ma generano anche inefficienza e inadeguatezza nell’affrontare questioni cruciali per i territori. D’Amato afferma che è necessario eliminare questa paralisi burocratica creando un sistema dove le diverse istituzioni collaborano per risolvere le problematiche che affliggono il Paese.
La necessità di politiche comuni
D’Amato non si limita a criticare la legge sull’autonomia differenziata, ma sottolinea anche l’urgenza di un dibattito che coinvolga non solo le autorità nazionali, ma anche quelle europee e mondiali. Le sfide contemporanee, dalle crisi climatiche alle emergenze economiche, richiedono un approccio unitario e coeso. Per lui, le politiche regionali devono essere integrate e pianificate in modo coordinato, al fine di evitare derive plebiscitarie e garantire una legislazione rispettosa delle autonomie locali, senza compromettere l’unità del sistema nazionale.
D’Amato invita le istituzioni a riflettere sulle lezioni apprese e a ripensare le modalità di governance per rispondere alle necessità variegate dei territori. La proposta è quella di costruire un modello dove i diritti civili e sociali vengono definitivamente riconosciuti e i costi legati alle politiche sociali siano chiaramente quantificati, garantendo un trattamento equo per tutte le regioni, in particolare per quelle del Sud Italia, storicamente più svantaggiate.
Le problematiche normative
La Fondazione Mezzogiorno, di cui D’Amato è presidente, ha messo in evidenza diverse criticità della legge sull’autonomia differenziata, recependo i rilievi della Corte Costituzionale. Una delle questioni centrali riguarda la trasferibilità delle materie e delle funzioni, che, secondo la sentenza del novembre scorso, è inadeguata se non accompagnata da una rigorosa analisi di impatto.
Sottolineano anche che è fondamentale fissare criteri e metodologie di gestione delle funzioni, specialmente per quelle che riguardano i diritti civili e sociali. D’Amato mette in luce come l’attuale impostazione non tenga conto della necessità di avere una base legislativa chiara, specialmente per le materie che richiedono un intervento statale diretto. Inoltre, la questione del finanziamento deve essere affrontata con attenzione, affinché i territori possano realmente beneficiare dei fondi disponibili e non cadere nel circolo vizioso di disuguaglianze finanziarie.
Un futuro per il Mezzogiorno
In un contesto così complesso, la Fondazione Mezzogiorno esprime l’urgenza di una revisione che non solo ripensi l’assetto normativo, ma anche l’attenzione verso il Mezzogiorno. Le disparità territoriali necessitano di interventi speciali, che possano aiutare a colmare il divario fra nord e sud, garantendo così uno sviluppo equilibrato per l’intero Paese.
D’Amato conclude la sua analisi affermando che è giunto il momento di mettere in atto misure concrete per migliorare la coesione e sostenere gli sviluppi locali, facendo sì che tutte le parti del Paese possano prosperare ugualmente, senza che il passato continui a intrecciarsi nelle scelte del futuro.