Il tema delle disuguaglianze lavorative e delle manifestazioni sociali si riaccende a Napoli con la vicenda di quarantatré disoccupati, membri del Movimento 7 Novembre e Cantiere 167 di Scampia, accusati di reati in occasione di proteste avvenute tra gennaio 2023 e marzo 2024. Le loro rivendicazioni incrociano il desiderio di trovare occupazione con le difficoltà legali in cui si trovano coinvolti. Il 28 ottobre, a Palazzo di Giustizia, inizierà l’udienza preliminare che determinerà se gli accusati dovranno affrontare un processo.
Accuse e manifestazioni
Le accuse rivolte a questi disoccupati spaziano da resistenza e violenza a pubblico ufficiale a blocco stradale e interruzione di pubblico servizio. Tali contestazioni, formulate dal pubblico ministero Enrica Parascandalo, si riferiscono a eventi conflittuali nati nell’ambito di manifestazioni per istituzionalizzare il diritto al lavoro. Gli avvisi di chiusura delle indagini sono stati emessi ad aprile, aprendo la strada a questo importante appuntamento legale.
Per preparare l’udienza, questa mattina, i disoccupati hanno organizzato una manifestazione di fronte al carcere di Poggioreale, uno dei luoghi simbolo della giustizia. “Liberi di lottare” era la scritta su uno degli striscioni esposti, a sottolineare la loro determinazione nel perseguire i propri diritti. Questa dichiarazione non è solo un appello, ma un atto di resistenza rispetto a un sistema che, secondo i manifestanti, ignora le loro esigenze e aspirazioni.
Il contesto delle rivendicazioni
La protesta dei disoccupati si colloca in uno scenario di lunga battaglia per l’inserimento lavorativo di circa 800 individui nel settore della manutenzione del territorio e del verde. Da tre anni, i membri dei Movimenti 7 Novembre e Cantiere 167 si sono attivati per ottenere accesso a fondi ministeriali già stanziati. Eddy Sorge, un esponente di punta del Movimento 7 Novembre, ha dichiarato che i disoccupati hanno completato corsi di formazione e hanno ottenuto qualifiche necessarie. Attualmente, chiedono di accedere ai 10 milioni di euro che il governo ha messo a disposizione, fondi che potrebbero coprire almeno il primo anno di attività lavorativa.
Questa richiesta non è un caso isolato. Nei precedenti anni, altri gruppi di disoccupati hanno avuto successo nel trovare occupazione attraverso le aziende partecipate nel settore ambientalistico e dei rifiuti. Tuttavia, la scarsità di opportunità e le difficoltà burocratiche continuano a ostacolare un accesso più ampio e sistematico al mondo del lavoro, rendendo le manifestazioni una necessità impellente.
Voci di chi lotta per un futuro
Tra i disoccupati che manifestano oggi c’è anche Enzo Zagarolo, la cui storia personale rappresenta una realtà complessa. Iscritto come invalido e con due figli a carico, Zagarolo ha espresso la sua frustrazione per le risposte inadeguate ricevute dai Centri per l’Impiego, rivelando un sistema che, secondo lui, non offre valide prospettive professionali. Ex guardia giurata, Zagarolo ha dovuto interrompere la sua carriera a causa di problemi fisici, aggiungendo un ulteriore strato di complessità alla sua lotta per il lavoro.
Queste testimonianze non solo evidenziano le difficoltà quotidiane affrontate dai disoccupati, ma pongono un interrogativo sulla capacità del sistema di rispondere a esigenze così vitali. La situazione a Scampia è una delle tante che riflettono il divario crescente tra aspirazioni e realtà concreta del mercato del lavoro, che spesso sembra dimenticare le persone più vulnerabili. Mentre si attende l’udienza del 28 ottobre, il tema della giustizia sociale rimane centrale in un contesto in cui diritti e lavoro si intrecciano in modo critico e spesso conflittuale.