Il 12 novembre 2000, un agguato di stampo camorristico ha scosso Santa Maria la Carità, in provincia di Napoli, quando l’omicidio di Tommaso Covito ha segnato un episodio sanguinoso tra i clan della zona. Recentemente, le forze dell’ordine, su delega della Procura di Napoli, hanno eseguito due arresti legati a questo crimine, accendendo nuovamente i riflettori sulla guerra di potere tra il clan Cesarano e il gruppo avversario Moscarella. L’operazione è il risultato di una prolungata indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia.
Gli arresti e le accuse degli inquirenti
Dettagli sull’operazione dei carabinieri
Nell’ambito di un’indagine complessa e approfondita, il gruppo Carabinieri di Torre Annunziata ha eseguito una custodia cautelare in carcere per due soggetti accusati di omicidio aggravato dalla premeditazione. L’ordinanza è stata emessa dal Gip del Tribunale di Napoli in risposta alle richieste della Direzione Distrettuale Antimafia. Le indagini condotte hanno rivelato elementi chiave sul caso, permettendo di concludere che i due arrestati sono fortemente indiziati di aver agito per promuovere gli interessi del clan Cesarano in un contesto di rivalità con il clan Moscarella.
L’operazione ha messo in evidenza l’importanza di un’adeguata collaborazione tra diverse autorità e investigatori per combattere efficacemente la criminalità organizzata. Grazie a metodi investigativi avanzati e a testimonianze raccolte nel corso degli anni, la DDA ha potuto ricostruire i dettagli di un omicidio che, a distanza di oltre vent’anni, continua a rappresentare un esempio della violenza della camorra nel napoletano.
Il profilo dei coinvolti
Gli indagati, Luigi Di Martino, noto come “o’ profeta”, e Gennaro D’Antuono, si sono rivelati figure chiave all’interno della dinamicità operativa del clan Cesarano. Di Martino, 63 anni, rappresenta un elemento di vertice del clan, attualmente già in detenzione per altri reati. D’Antuono, con i suoi 50 anni, non solo condivide un legame di complicità con Di Martino, ma anche un ruolo attivo nell’esecuzione dell’agguato mortale che ha colpito Covito, un membro del clan Moscarella.
L’agguato che ha scatenato la faida
Contesto operativo della faida tra clan
L’omicidio di Tommaso Covito avvenne nel contesto di forti tensioni e rivalità tra gruppi criminali attivi nella zona di Castellammare di Stabia. Il clan Cesarano, da sempre intento a espandere la propria influenza, trovò nei Moscarella un avversario ostinato. I fatti che diedero origine all’agguato vengono riportati dagli investigatori come il risultato di una lotta per il controllo del territorio e delle attività illecite, comprese estorsioni e traffico di stupefacenti.
Covito, all’epoca dei fatti, stava semplicemente viaggiando in auto insieme ad altre due persone quando fu attaccato da due killer a bordo di una moto. Secondo le ricostruzioni, gli aggressori esplosero un numero considerevole di colpi d’arma da fuoco, tre dei quali colpirono in maniera letale la vittima. La brutalità dell’azione ha suscitato grande allerta tra le forze dell’ordine, riaffermando la necessità di adottare misure di sicurezza più severe nella zona.
Ripercussioni a lungo termine
L’evento ha avuto conseguenze significative, non solo per la vita delle vittime e delle loro famiglie, ma anche per la comunità locale, segnata da un alto tasso di violenza e intimidazioni. A distanza di anni, l’eco di quel delitto resta vivo nella memoria collettiva, evidenziando il persistere di storie di vendetta e ritorsione che contraddistinguono la storia della camorra in Campania. Gli sviluppi recenti delle indagini non solo offrono giustizia per la vittima di quell’imboscata, ma rendono evidente anche la determinazione delle autorità nel contrastare la criminalità organizzata, con l’obiettivo di restituire sicurezza alle comunità compromesse dal traffico del crimine.