Un episodio di malasanità ha scosso una famiglia di Pozzuoli, che ha vissuto un’odissea a causa di un presunto errore diagnostico. La vicenda, raccontata attraverso la voce di un familiare, mette in luce le difficoltà e le dinamiche che si sviluppano all’interno del sistema sanitario, con conseguenze gravi per la salute dei pazienti.
L’epopea inizia alle ore 04:00, quando una donna di 74 anni segnala un problema di salute alla sua famiglia. La suocera di Marco Fabricino avverte di avvertire un forte dolore al braccio sinistro, segnalando anche una sensazione di freddo e intorpidimento. Questa situazione allarmante spinge la moglie di Fabricino a raccogliere velocemente i suoi effetti personali e a recarsi dalla madre. Nonostante l’orario insolito, la giovane donna decide di contattare il 118, il servizio di emergenza sanitaria italiana.
Il personale medico arriva rapidamente, ma sulla base delle prime diagnosi, rassicura la famiglia dichiarando che le condizioni della paziente non sembrano gravi. Consiglia di non trasportarla in ospedale, ma la moglie decide di procedere ugualmente, preoccupata per la salute della madre. Sotto la sua guida, la paziente viene portata al Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, una decisione che si rivelerà determinante per il prosieguo della storia.
Una volta giunti in ospedale, la donna viene sottoposta a una serie di analisi, dai risultati che mostrano alterazioni degli enzimi. Tuttavia, nonostante questi segnali critici, viene dimessa con la raccomandazione di effettuare ulteriori controlli cardiaci e con una diagnosi di “cervicale“, un termine che suscita preoccupazione nella famiglia, già in ansia per il benessere della paziente.
Nella serata dello stesso giorno, la situazione si evolve ulteriormente quando un cardiologo, sollecitato dalla famiglia, si presenta a casa della donna. Durante la visita, il medico nota la grave condizione del braccio, che appare quasi nero e privo di polso. A questo punto, l’intervento del cardiologo si rivela decisivo: riconosce immediatamente la gravità della situazione e sottolinea la necessità di un ricovero urgente presso il Cardarelli.
Con senso di urgenza, la famiglia si reca al pronto soccorso, dove la paziente è classificata come “codice giallo“, un indicativo di una situazione potenzialmente seria. Poco dopo l’arrivo, la donna viene trasportata in sala operatoria per affrontare una crisi di salute imminente legata alla presenza di un trombo al braccio. L’intervento chirurgico, che dura oltre due ore, diventa una lotta contro il tempo. I medici riescono a liberare l’arteria bloccata, ma a questo punto l’attesa è carica di tensione.
La vicenda di questa paziente mette in evidenza le imperfezioni del sistema sanitario e le possibili gravi conseguenze di una diagnosi errata. La questione che sorge è se i sintomi iniziali, come un polso freddo e l’assenza di battito cardiaco, siano stati interpretati correttamente dal personale medico al primo intervento. Un simile episodio evidenzia la complessità del lavoro dei medici, costretti a fare diagnosi rapide in situazioni di emergenza.
Grazie all’abilitato e tempestivo intervento del cardiologo, la vita della donna è stata preservata, offrendo così uno spiraglio di speranza in una situazione potenzialmente fatale. Questo caso rimette in discussione l’efficacia dei protocolli sanitari e mette in luce l’importanza di un monitoraggio attento e di una seconda opinione nelle dinamiche di salute, soprattutto quando si tratta di pazienti anziani con sintomi gravi.
L’esperienza raccontata da Marco Fabricino serve come monito e stimolo per riflessioni future sul miglioramento dei processi diagnostici e sull’importanza della comunicazione tra medici e pazienti. La malasanità è un problema da affrontare con serietà, per garantire una migliore qualità e sicurezza delle cure per tutti.