Il mondo del calcio sta affrontando una crescente problematica legata agli infortuni, un tema di rilevante attualità per le squadre, i giocatori e i professionisti del settore medico. A tal proposito, il professor Enrico Castellacci, ex medico della Nazionale Italiana e attualmente presidente dell’AMICA, ha condiviso le sue considerazioni durante la trasmissione “Punto Nuovo Sport” su Radio Punto Nuovo. Le sue analisi si concentrano sulla necessità di diagnosi precise e sull’urgente richiesta di un cambiamento nell’approccio alla gestione degli infortuni.
Il professor Castellacci ha messo in evidenza l’importanza di ottenere una diagnosi specifica quando si parla di infortuni, utilizzando come esempio il caso di Stanislav Lobotka, centrocampista del Napoli. Secondo Castellacci, è fondamentale identificare la natura esatta del problema, che può variare da un’infiammazione di un tendine del ginocchio a un’inconveniente muscolare ai flessori della coscia sinistra.
La necessità di esami strumentali accurati è vitale per delineare non solo la gravità dell’infortunio, ma anche il percorso di recupero previsto. Senza un quadro chiaro, ogni discussione sull’infortunio stesso risulterebbe pragmatica e di difficile gestione. La situazione attuale richiede un’attenzione particolare da parte del club sul monitoraggio degli infortuni, in modo da garantire che i calciatori ricevano le cure adeguate e tempestive.
Un altro tema centrale del dibattito condotto da Castellacci riguarda l’aumento esponenziale degli infortuni nel calcio europeo. Durante un recente congresso organizzato dall’AMICA, il professor Castellacci ha avuto l’opportunità di discutere con esperti del settore, evidenziando come la frequenza e l’intensità delle partite abbiano un impatto diretto sulla salute dei calciatori.
Le squadre di calcio si trovano spesso a dover affrontare un calendario fitto di impegni, con un numero di partite annuali che può superare anche le 75-80. Questo eccesso di impegni sportivi ha come conseguenza il sovraccarico delle strutture muscolari e articolari degli atleti, rendendoli più suscettibili a infortuni. Castellacci ha sottolineato che il business e l’aspetto commerciale del calcio tendono a prevalere rispetto alle necessità di salute e benessere degli sportivi, alimentando un circolo vizioso di infortuni che necessita di urgente attenzione.
Un focus particolare è stato posto da Castellacci sui tempi di recupero per infortuni gravi, come quelli ai legamenti crociati. Tradizionalmente, nella pratica medica, molti calciatori tornavano in campo dopo soli quattro mesi, un approccio che si è rivelato controproducente. La realtà fisiologica suggerisce invece che la riabilitazione ottimale dovrebbe estendersi fino a quasi due anni per ottenere risultati duraturi e ridurre al minimo il rischio di nuovi infortuni.
L’esperto ha chiarito che, sebbene le tecniche moderne possano accelerare il processo di recupero, la fretta di reintegrare gli atleti nelle competizioni può compromettere seriamente la loro salute a lungo termine. È pertanto essenziale stabilire un protocollo di recupero che equilibri il desiderio di vedere i giocatori in campo con la necessità di garantire il loro pieno recupero fisico e mentale.
In sintesi, le parole di Castellacci richiamano l’attenzione su un problema che richiede un intervento congiunto tra medici, allenatori e società calcistiche, affinché si possa costruire un ambiente più sostenibile per la salute dei calciatori.