L’Italia si trova ad affrontare una crescente crisi demografica, e la questione della fertilità emerge come un tema cruciale. Il professor Antonio Pellicer, presidente e fondatore dell’Instituto Valenciano de Infertilidad , ha recentemente condiviso le sue osservazioni sull’attuale panorama della riproduzione assistita nel nostro Paese. Durante un’intervista rilasciata all’agenzia Adnkronos, Pellicer ha evidenziato l’importanza di promuovere la fertilità in Italia, il calo delle nascite e la necessità di un cambiamento culturale per affrontare questo problema.
La drammatica situazione della fertilità in Italia
I dati forniti dal professor Pellicer mettono in luce un aspetto allarmante: in Italia, la percentuale di bambini che nascono attraverso le tecniche di procreazione medicalmente assistita è sorprendentemente bassa, oscillando tra il 4 e il 5%. In confronto, Spagna e Danimarca si posizionano ben al di sopra, rispettivamente con il 10% e l’11% dei nati da PMA. La questione si fa ancora più critica se si considera che circa il 15% delle coppie in età fertile affronta problemi di infertilità, un aspetto che richiede attenzione e soluzioni adeguate.
Pellicer sottolinea che le differenze nei tassi di utilizzo delle tecniche di PMA non possono essere attribuite a motivi economici, poiché in Italia sono disponibili contributi pubblici per tali pratiche. Invece, la spiegazione sembra risiedere in fattori culturali e normativi. La scarsa informazione e la mancanza di comunicazione adeguata nei confronti della fertilità hanno un impatto critico sulla domanda di queste tecniche. Riuscire a cambiare la narrativa culturale riguardo all’infertilità e all’utilizzo della PMA potrebbe dunque essere un passo fondamentale per incoraggiare le coppie italiane a considerare queste opzioni.
Differenze normative e culturali tra paesi
Un aspetto che Pellicer evidenzia è quello normativo. In Italia, ad esempio, non è consentita la trattazione delle donne single né la donazione di embrioni. Si crea così una situazione paradossale: famiglie in grado di concepire un secondo figlio non possono donare i loro embrioni congelati a coppie in difficoltà. Questo rappresenta un problema sia etico che pratico. L’accumulo di embrioni non utilizzati non solo solleva interrogativi morali, ma impone anche un onere economico e logistico, data l’esistenza di una netta distinzione tra le possibilità offerte dalle normative italiane e quelle di altri Paesi.
Secondo Pellicer, è cruciale rivedere queste politiche per consentire una gestione più flessibile delle risorse disponibili e migliorare l’accesso alla PMA per un numero più ampio di coppie. La donazione di embrioni, in particolare, potrebbe rivelarsi una soluzione vantaggiosa sia per coloro che desiderano avere bambini sia per chi ha già completato la propria famiglia e possiede embrioni in eccesso.
Un riconoscimento della fertilità come malattia
Il professor Pellicer ha anche messo in evidenza come l’infertilità sia riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una malattia dal 2008. Questo riconoscimento implica che le persone che affrontano problemi di fertilità necessitano di essere trattate con serietà e rispetto. La PMA non è solo una tecnologia, ma una vera e propria risposta a un bisogno di salute. Negli ultimi decenni sono stati compiuti progressi significativi nel campo della PMA, e i medici si trovano in una posizione privilegiata per aiutare le coppie in difficoltà.
La narrazione intorno alla fertilità deve includere la condivisione di storie di successo e la razionalizzazione dell’approccio medico nella gestione dell’infertilità. Essere in grado di informare e rassicurare le coppie sui progressi compiuti nella PMA è fondamentale per ridurre l’ansia legata a questa problematica. Citando il film “Joy” su Netflix, Pellicer evidenzia come i bambini nati da fecondazione assistita siano stati numerosi e abbiano dimostrato di avere la stessa salute e benessere di quelli concepiti naturalmente.
Futuri sviluppi nella ricerca sulla PMA
Guardando al futuro, Pellicer ha identificato due importanti sfide nella ricerca sulla PMA. La prima è l’ottimizzazione delle percentuali di successo per ogni impianto. Attualmente, la possibilità di gravidanza è limitata a circa il 65%, il che evidenzia la necessità di ulteriori progressi scientifici. Una ricerca mirata è fondamentale per comprendere le caratteristiche migliori da valutare nella selezione degli embrioni, superando così la barriera attuale.
L’altra sfida riguarda il ringiovanimento degli ovuli, essenziali nel trattamento dell’infertilità. La capacità riproduttiva femminile diminuisce con l’aumentare dell’età, e lo studio di tecniche per preservare o migliorare la qualità degli ovuli è una questione urgente. Pellicer si augura che in un futuro non troppo lontano si possa raggiungere un livello di innovazione tale da ringiovanire gli ovuli delle donne over 39.
L’importanza del congelamento degli ovuli
Infine, Pellicer affronta il delicato tema dell’orologio biologico. Mentre spiega che la massima fertilità si verifica intorno ai 24 anni, sottolinea l’importanza del congelamento degli ovuli per le donne. Questa pratica potrebbe consentire di affrontare con maggiore serenità le scelte relative alla maternità in un momento successivo della vita, minimizzando i rischi di infertilità legati all’età. Rendersi consapevoli di questa opzione rappresenta un passo decisivo per molte giovani donne che desiderano garantirsi un futuro senza compromessi.
In questo contesto, la comunicazione diventa fondamentale. Educare le giovani generazioni sulle possibilità e le sfide legate alla fertilità è indispensabile per promuovere una cultura che valorizzi la salute riproduttiva e incoraggi proattività nelle scelte familiari.