Il dibattito sull’autonomia differenziata in Italia ha ripreso vigore all’interno della Fondazione Mezzogiorno, dove i leader industriali esprimono preoccupazione circa le conseguenze economiche di tale proposta. Antonio D’Amato, ex presidente nazionale degli industriali e attuale presidente della fondazione, ha sottolineato come la possibilità di devolvere competenze strategiche alle regioni possa rivelarsi dannosa per l’economia del paese. In questa occasione politica, D’Amato ha anche escluso la sua candidatura per le prossime elezioni regionali in Campania, consolidando la sua posizione nel panorama politico.
Antonio D’Amato ha chiuso le porte a qualsiasi opportunità di candidatura alle elezioni regionali in Campania, fortemente volute dal centrodestra. Queste dichiarazioni giungono in un contesto di turbolenza politica, dopo le dimissioni di Annarita Patriarca dalla segreteria provinciale di Forza Italia, una decisione che ha messo in crisi ulteriormente l’alleanza di centrodestra nella regione. D’Amato, pur essendo stato accostato come possibile rivale dal presidente uscente Vincenzo De Luca, ha ribadito il suo impegno prioritario nei confronti della Fondazione Mezzogiorno e delle questioni economiche piuttosto che in ambito politico di parte.
Durante un incontro tenutosi all’Unione Industriali di Napoli, D’Amato ha partecipato come relatore a un dibattito sull’autonomia differenziata, argomento che ha suscitato tensioni e timori tra i partecipanti. Le sue dichiarazioni non lasciano spazio a interpretazioni: il suo rifiuto di entrare nel panorama politico dei prossimi mesi è definitivo e segnala la sua intenzione di rimanere focalizzato sulla crescita e il futuro economico del Mezzogiorno.
Durante l’incontro sull’autonomia differenziata, diversi esperti, tra cui economisti e giuristi, hanno espresso le loro riserve. D’Amato ha avvertito dell’impatto negativo che tali riforme potrebbero avere sulle aziende italiane. «Non si può pensare che in un mondo di sfide globali possano essere devolute alle competenze regionali materie come il commercio estero, la politica energetica e quella ambientale», ha dichiarato. Questa frase racchiude la percezione di vulnerabilità che emerge nel contesto globale attuale.
L’economia italiana è in una fase di incertezze e sfide, aggravate dall’influenza esterna di potenze come la Cina e dagli sviluppi del mercato globale. Secondo D’Amato, la necessità non è di divisioni territoriali, ma di un’unità che possa permettere all’Italia di recuperare competitività in un contesto internazionale sempre più competitivo. Anche gli altri relatori, come l’economista Giuseppe Pisauro, hanno sostenuto posizioni simili, evidenziando come l’autonomia differenziata non sia la risposta ai problemi strutturali dell’industria italiana.
In seguito alle sue osservazioni riguardanti l’autonomia differenziata, D’Amato ha delineato le riforme che considera essenziali per rilanciare la competitività italiana. Tra queste, ha menzionato la necessità di introdurre un sistema di premierato e riformare la giustizia. La sua analisi evidenzia che l’organo decisionale italiano necessita di poter operare in modo efficiente e rapido, per contrastare le fluttuazioni di un mercato globale in continua evoluzione.
D’Amato critica anche la strumentalizzazione politica del tema dell’autonomia, suggerendo che dal 1992 la Lega ha impiegato questa narrazione per influenzare le dinamiche politiche in modo opportunistico. La modifica del Titolo V della Costituzione nel 2000, avvenuta in un clima di grande tensione, ha dato avvio a una serie di trattative che hanno condotto alla firma, nel 2019, di preintese per il trasferimento di alcune competenze a tre regioni: Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.
In un contesto in cui il governo attuale sembra cavalcare la questione per ragioni politiche interne, D’Amato rimarca l’urgenza di adottare misure che rispondano a reali necessità economiche, piuttosto che a mere lotte di potere. La crisi industriale che affronta l’Italia deve esigere l’attenzione immediata delle istituzioni, a fronte dell’incertezza che caratterizza le relazioni commerciali globali.