L’industria della moda si trova al centro di una crisi senza precedenti, evidenziata dalla crescente quantità di rifiuti e dall’abuso di manodopera nel settore. Nel suo saggio “Fuorimoda!”, Matteo Ward esplora questa realtà, denunciando l’insostenibilità della moda e invitando a una riflessione profonda sui valori che essa trasmette. Presentato al Festivaletteratura di Mantova, il libro si articola in una disamina della situazione attuale e delle possibili soluzioni per un cambiamento concreto.
Un quadro allarmante dell’industria della moda
La fast fashion e il suo impatto ambientale
Il fenomeno della fast fashion ha portato a un vero e proprio sovraccarico dei mercati con prodotti a basso costo, ma di scarsa qualità. Ward pone l’accento sul fatto che le montagne di vestiti abbandonati nel deserto di Atacama, in Cile, e la crescente massa di rifiuti tessili in paesi come il Ghana sono solo alcuni dei sintomi di un sistema difettoso. Gli scarti di una cultura del consumo sfrenato non solo saturano le discariche, ma generano un danno irreparabile all’ambiente. Terreni che potrebbero ospitare coltivazioni di cibo vengono sacrificati per la produzione di fibre, aggravando una crisi alimentare già latente.
Inoltre, l’estrazione di risorse naturali per la produzione di tessuti ha delle conseguenze devastanti. La coltivazione di cotone, ad esempio, richiede ingenti quantità d’acqua e pesticidi, penetrando negli ecosistemi e compromettendo la biodiversità. Ward sottolinea l’importanza di comprendere come le nostre scelte di consumo abbiano ripercussioni dirette sull’ambiente e sulla salute delle persone.
L’ineguaglianza sociale nella produzione tessile
L’insostenibilità della moda non si limita all’ambiente, ma si estende a questioni di giustizia sociale. Ward denuncia l’iniquità delle retribuzioni nel settore, dove i lavoratori in paesi come il Bangladesh sono spesso sfruttati e mal pagati. La disparità tra i salari nei luoghi di produzione e quelli nei paesi di design riflette un sistema ingiusto, in cui il valore umano è sacrificato in nome del profitto. Le condizioni di lavoro nelle fabbriche tessili sono spesso precarie, e i rischi per la salute dei lavoratori sono elevati.
Ward mette in luce un paradosso: mentre l’industria della moda genera ricchezza e offre opportunità di lavoro, non restituisce equamente il valore prodotto. Svela quindi la tensione tra profitto e giustizia sociale, incoraggiando una riflessione sulla responsabilità di chi acquista e su come le scelte individuali possano influenzare il sistema.
Proposte per un futuro sostenibile
Un cambio di paradigma nella moda
Il saggio di Ward è suddiviso in due parti: “pars destruens” e “pars costruens”. Nella prima, l’autore guida il lettore attraverso le tappe che hanno segnato la consapevolezza collettiva riguardo ai problemi del sistema moda. La seconda parte è un invito a considerare soluzioni praticabili. Ward immagina un futuro in cui i brand si impegnino a restituire valore, sia all’ambiente che alle persone, fungendo da catalizzatori per un cambiamento di paradigma.
Discutendo con esponenti di spicco come Michelangelo Pistoletto, il libro propone un approccio multidimensionale che coinvolge non solo i consumatori, ma anche l’industria e la politica. L’autore identifica cosa chiedere ai brand e quale responsabilità spetti ai governi, creando un manifesto di azioni praticabili per costruire una moda etica e sostenibile.
Consapevolezza e scelte informate
Fuorimoda! si propone come una guida per coloro che vogliono capire meglio le complessità del mondo della moda. Ward affronta la questione delle etichette ‘sostenibili’, rivelando che molte di esse non soddisfano realmente i criteri di sostenibilità. Incoraggia i lettori a essere consumatori consapevoli, a porre domande e a non limitarsi a seguire le tendenze, ma a chiedere una maggiore trasparenza dai marchi.
Il saggio di Matteo Ward si presenta così come una necessità contemporanea: un’opera che non solo analizza il passato e il presente della moda, ma offre spunti per immaginare un futuro in cui l’industria possa operare in maniera responsabile, rispettando sia l’ambiente che i diritti umani.