La recente sentenza del gup di Napoli, Rosamaria De Lellis, segna un passo significativo nella giustizia italiana, con la condanna di Giovanni Rendina a 30 anni di reclusione per l’omicidio volontario pluriaggravato del poliziotto Domenico Attianese. Questo crimine avvenne quasi 38 anni fa, il 4 dicembre 1986, durante un tentativo di rapina alla gioielleria Romanelli nel quartiere Pianura di Napoli. Con un’altra condanna simile già in atto per il complice Salvatore Allard, la risposta della giustizia appare chiara e determinata, nonostante il lungo tempo trascorso dal delitto.
I dettagli della sentenza e il processo
La condanna di Giovanni Rendina è stata decisa al termine di un processo celebrato con rito abbreviato. Questa modalità giuridica ha consentito di accelerare i tempi della giustizia, offrendo al contempo un vantaggio all’imputato di poter richiedere una pena ridotta. In questo caso specifico, l’udienza per Rendina era stata rinviata a causa di problemi di salute che gli erano impediti di sostenere il giudizio. La Procura di Napoli, rappresentata dal pubblico ministero Maurizio De Marco, aveva richiesto una pena identica a quella inflitta a Salvatore Allard, condannato alla stessa reclusione poche settimane prima, il 23 luglio.
Durante il processo, il legale di Rendina ha richiesto una perizia psichiatrica che ha confermato la capacità dell’imputato di intendere e volere al momento del crimine, confermandone anche la capacità di sostenere il giudizio. Questa valutazione ha avuto un ruolo cruciale nel definire la facilità con cui il gup ha potuto emettere la sentenza.
La reazione della famiglia di Domenico Attianese
Carla Attianese, la figlia del poliziotto ucciso, ha espresso la sua commozione per la sentenza, affermando che “giustizia è fatta”. La sua dichiarazione mette in luce non solo la sua personale soddisfazione, ma evidenzia anche quanto questa decisione segni un traguardo dopo anni di attesa per la giustizia. Carla ha sottolineato l’importanza di questa sentenza non solo per la sua famiglia, ma per tutta la società , rimarcando come il valore della giustizia risuoni oltre le mura familiari.
Inoltre, Carla Attianese ha voluto spendere parole di gratitudine verso tutti coloro che hanno sostenuto la famiglia nel lungo cammino verso l’accertamento della verità , incluso il procuratore Gratteri, il pm Maurizio De Marco e l’avvocato Gianmario Siani. Questi, insieme a numerosi colleghi del padre, presenti nel corso delle udienze, rappresentano un supporto fondamentale in questo percorso di giustizia.
Implicazioni e significato della sentenza
La condanna di Giovanni Rendina e l’importante job che segna un risarcimento morale per la famiglia di Domenico Attianese, rappresenta una riflessione sul sistema giudiziario italiano e sulle sfide che ancora deve affrontare. Nonostante le lunghe attese e le complicazioni legali che la giustizia italiana talvolta comporta, la chiara volontà da parte della magistratura di perseguire i colpevoli di crimini gravi è un messaggio forte e inequivocabile.
La morte di Domenico Attianese, un agente di polizia che ha sacrificato la propria vita per proteggere la comunità , continua a evocare un forte senso di giustizia. Con questa sentenza, si potrà finalmente dare un nuovo significato alla memoria di un uomo che, oltre a essere un poliziotto, era prima di tutto un padre e un marito. La società attende ora il completamento del processo giudiziario, con la speranza che casi simili possano essere affrontati con la stessa determinazione e attenzione alla giustizia.