Un recente episodio di violenza ha scosso l’istituto penale minorile di Nisida, situato a Napoli, dove un minorenne ha tentato di colpire un altro detenuto con un’arma da taglio rudimentale. Il fatto, che evidenzia la crescente tensione all’interno delle strutture penali per minori, ha richiesto l’intervento immediato degli agenti, che sono riusciti a neutralizzare la minaccia prima che si trasformasse in una tragedia. Questo episodio non è isolato, ma si inserisce in un contesto complesso e preoccupante, dove i giovani detenuti, spesso segnati da storie di violenza e fragilità, mettono a dura prova la già critica situazione degli istituti penali.
Sabato scorso, all’interno dell’istituto penale minorile di Nisida, un ragazzo di giovane età ha attuato un’aggressione nei confronti di un altro detenuto. Armato di un coltello, il minorenne ha cercato di colpirlo. Per fortuna, grazie alla prontezza e alla preparazione degli agenti di sicurezza, l’aggressore è stato bloccato prima di recare danni all’altro ragazzo. Questo incidente ha messo in luce non solo la violenza presente in alcuni ambienti, ma anche il profondo disagio vissuto da alcuni di questi giovani.
Il minorenne, cittadino italiano di origine extracomunitaria, era appena stato trasferito dal carcere minorile di Milano, dal quale era evaso. Questo particolare elemento solleva interrogativi sul sistema di custodia e sulla gestione dei detenuti, i quali mostrano segni di instabilità e difficoltà nella reintegrazione. Purtroppo, nonostante l’intervento tempestivo, poco dopo il tentativo di aggressione, il giovane ha iniziato a mostrare comportamenti autolesionisti, ingoiando delle batterie. Per questo motivo, è stato necessario il trasferimento d’urgenza in ospedale, dove ha continuato a manifestare comportamenti problematici, compresi tentativi di fuga durante l’assistenza medica.
Secondo i sindacalisti dell’Uspp, Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, la situazione all’interno degli istituti penali per minori sta diventando insostenibile. Le continue emergenze, come quella di Nisida, stanno mettendo a dura prova non solo la sicurezza dei detenuti, ma anche quella del personale. La gestione dei ragazzi che provengono dal territorio di Napoli e provincia è particolarmente complessa. Questo è dovuto non solo alla loro giovane età, ma anche ai legami che possono avere con famiglie e clan criminali attivi nella regione.
Le dichiarazioni degli esperti sottolineano che i ragazzi detenuti spesso portano con sé problematiche trasversali, dalla dipendenza da sostanze stupefacenti a storie di violenza. La presenza di minori con questi profili aumenta le difficoltà operative per il personale dell’istituto, che già affronta una carenza di risorse umane e una pressione eccessiva per gestire un numero di detenuti superiore alle capacità della struttura.
Questo contesto di emergenza è ulteriormente aggravato dalla modalità di ingresso degli adolescenti rispondenti da altri istituti, che portano con sé comportamenti di etero e autolesionismo. Tali dinamiche non solo incidono sul benessere dei detenuti, ma influenzano anche l’ambiente di lavoro del personale, che si trova a dover affrontare un’atmosfera di instabilità e incertezza.
Le dichiarazioni di Moretti e Auricchio evidenziano un quadro allarmante sui giovani detenuti e sulla loro fragilità. Gli episodi di violenza e autolesionismo, che purtroppo stanno diventando sempre più frequenti, richiedono un’attenzione particolare. Molti di questi giovani provengono da contesti già segnati da traumi, dicendo di essere spesso vittime di violenza prima di arrivare in carcere. Le loro esperienze di vita, infatti, influiscono negativamente sul processo di recupero e reinserimento.
Le evoluzioni quotidiane del crimine giovanile nella zona di Napoli non sono solo un problema per la giustizia minorile, ma si ripercuotono su tutta la comunità, creando un ciclo di violenza che è difficile da interrompere. È necessario un aumento delle risorse per affrontare non solo le emergenze quotidiane, ma anche le cause profonde della criminalità giovanile. Le dichiarazioni ribadiscono l’urgenza di un approccio più multidimensionale e umanitario nella gestione di questi individui, non limitandosi alla punizione, ma cercando di offrire opportunità per un vero cambiamento.
Il sistema penitenziario minorile si trova di fronte a sfide senza precedenti, e affrontare tale allerta implica un lavoro congiunto tra istituzioni, familiari e servizi sociali. Solo attraverso un impegno condiviso si potrà sperare di costruire un futuro più sereno per questi ragazzi, per evitare che la cronaca continua a far registrare eventi tragici come l’incidente di Nisida.