La strage del Rapido 904, avvenuta il 23 dicembre 1984, segna un capitolo drammatico della storia italiana, con un tragico bilancio di 16 morti e oltre 200 feriti. Rosaria Manzo, figlia del macchinista del treno coinvolto, rappresenta un simbolo della ricerca della verità sulla sua atroce storia. A distanza di 40 anni, l’impegno di Rosaria per ottenere giustizia è incessante. Intervenuta sulla situazione attuale dell’inchiesta, ha espresso la sua fiducia nel lavoro degli inquirenti mentre l’indagine della Procura di Firenze cerca ulteriori legami e responsabilità.
Il 23 dicembre 1984, mentre il Rapido 904 attraversava la galleria San Benedetto Val di Sambro, un’esplosione devastante fece saltare in aria la carrozza 9, portando a un terribile bilancio di vittime e feriti. L’attentato, chiaramente attribuito alla mafia, era una risposta brutale alle operazioni di repressione avviate dallo Stato contro l’organizzazione criminale. L’operazione “San Michele” aveva portato a 366 mandati di cattura contro mafiosi, scatenando una reazione violenta da parte dei clan.
In questo contesto, le indagini hanno portato all’identificazione di alcuni dei mandanti e degli esecutori dell’attentato. Le sentenze hanno confermato le responsabilità di figure chiave, tra cui Pippo Calò, considerato un importante collegamento tra la mafia siciliana e quella romana. Calò è stato giudicato non solo un cassiere, ma anche un elemento cruciale nella pianificazione dell’attentato. Il suo braccio destro, Guido Cercola, anch’egli coinvolto, si suicidò in carcere nel 2005 sotto accuse di strage.
Nonostante i procedimenti giudiziari e le condanne già emesse, alcune domande rimangono irrisolte. Rosaria Manzo ha sottolineato che ulteriori mandanti potrebbero ancora non essere stati identificati, spingendo gli inquirenti a esplorare nuove piste e legami nel contesto di un’attività mafiosa intrinsecamente complessa.
Rosaria Manzo, oggi presidente dell’associazione delle vittime della strage, ha un legame profondo con il tragico evento. Seppur avesse solo sette mesi al momento dei fatti, la sua vita è stata profondamente segnata dalla perdita e dall’assenza, dato che suo padre, macchinista del treno, non ha mai guadagnato la forza di raccontarle quell’oscuro episodio.
Il lungo silenzio del padre è stato accompagnato dai ricordi della madre e della sorella, che hanno vissuto drammaticamente il momento in cui le notizie della tragedia giunsero a casa. La figura paterna, pur continuando a lavorare nel settore ferroviario, non ha mai trovato il coraggio di tornare a salire su un treno dopo quella tragica esperienza. Alla fine, chiese di essere trasferito in ufficio, cercando di allontanarsi da un dolore che continuava a perseguitarlo.
La volontà di Rosaria di portare avanti la ricerca della verità rispecchia una lotta personale e collettiva per un risarcimento che va oltre l’aspetto giuridico. La sua determinazione è alimentata dalla consapevolezza che la giustizia si estende a tutti coloro che quindici giorni a Natale del 1984 hanno subito danni irreparabili.
Attualmente, è in corso una nuova indagine da parte della Procura di Firenze. Questa inchiesta si propone di scoprire ulteriori legami tra la mafia, il nazionalismo di estrema destra e i servizi segreti, cercando di fare chiarezza su eventuali complici o mandanti non ancora identificati. Rosaria sostiene che l’impegno degli inquirenti è fondamentale e si sente fiduciosa per il futuro.
Tuttavia, nonostante i progressi degli ultimi decenni, Rosaria e gli altri membri dell’associazione rimangono sorpresi per come diversi attori, storicamente connessi all’attentato, siano stati prosciolti o abbiano ricevuto solo accuse marginali. La questione di altri coinvolgimenti e la possibilità di connivenze nascoste restano inquietanti tout court data la complessità delle dinamiche mafiose.
Mentre la ricerca della verità continua, Rosaria Manzo esorta la società a non dimenticare le vittime di questa tragedia e a insistire sul fatto che la giustizia deve essere sempre al centro di ogni azione di risposta di fronte alla violenza e alla barbarie.