La città di Napoli è legata indissolubilmente al suo patrimonio sportivo e culturale, ma il ricordo del Mario Argento è oggi un triste monito sulla gestione di impianti storici. Inaugurato con grandi speranze, il palazzetto ha chiuso nel 1998, costringendo la comunità a misurarsi con l’assenza di una struttura fondamentale.
La chiusura del Mario Argento: gli eventi del 1998
Il sei giugno 1998 segna una data cruciale nella cronaca sportiva e urbanistica di Napoli. Quel giorno, il Mario Argento, uno dei più importanti palazzetti italiani, chiude le porte al pubblico, ponendo fine a un’era di eventi sportivi e concerti che avevano reso viva la struttura. Con una capienza di 8mila posti, il Mario Argento era destinato ad accogliere non solo incontri di basket ma anche eventi musicali e culturali.
La chiusura avvenne in seguito alla necessità di adeguamenti alle norme antisismiche, un processo che doveva garantire la sicurezza della struttura ma che, sfortunatamente, non venne mai completato. La decisione di chiudere il palazzetto ha scosso la comunità sportiva e i fan del basket a Napoli, creando un vuoto che la città ha cercato di colmare nel corso degli anni.
A partire dal 1998, il palazzetto di viale Giochi del Mediterraneo è entrato in un lungo periodo di abbandono, con conseguenze devastanti per la sua struttura e per il vicino tessuto sociale. L’inattività ha favorito il degrado, trasformando un tempo simbolo della passione sportiva in un monumento all’abbandono. La memoria di un’epoca contrassegnata da eventi straordinari è stata sostituita dalla desolazione, rendendo evidente la necessità di una revisione delle politiche di gestione degli impianti sportivi.
Lavori rimandati: l’incubo della ristrutturazione
Dopo la chiusura, nel 2005 sono stati avviati lavori di ristrutturazione del Mario Argento, con l’intento di riportare in vita una delle più iconiche strutture sportive di Napoli. Tuttavia, l’intervento si scontrò con numerosi imprevisti e difficoltà. Inizialmente, si procedette con la demolizione dell’intera struttura, mantenendo solo le due tribune.
Purtroppo, progressivamente emersero varianti progettuali che resero impossibile un avanzamento soddisfacente dei lavori. Il forte incremento dei costi di ristrutturazione ha contribuito a fermare il progetto quasi subito dopo l’inizio. Le titubanze e le incertezze nella gestione dei fondi e della pianificazione hanno fatto sì che, ad oggi, rimangano solo le due tribune, un simbolo del degrado che imperversa, a testimoniare l’incapacità di riqualificare una struttura così importante.
Questo lungo processo di stallo ha avuto ricadute significative non solo sul patrimonio edile, ma anche sull’identità sportiva della città. L’incapacità di completare i lavori ha privato Napoli di un importante punto di riferimento per il basket, dei concerti e altre manifestazioni, generando un senso di frustrazione e di abbandono che continua a persistere nella memoria collettiva.
Il PalaBarbuto: una risposta alla mancanza
Dal 2003, il PalaBarbuto ha rappresentato la risposta temporanea alla chiusura del Mario Argento, fungendo da nuovo palazzetto per gli sport cittadini. Situato a pochi chilometri dal centro, il PalaBarbuto ha ospitato partite di basket, eventi culturali e manifestazioni sportive, mantenendo viva la tradizione sportiva di Napoli.
Nonostante la sua importanza, tuttavia, il PalaBarbuto non può sostituire completamente il Mario Argento. La sua capacità di 5mila posti rappresenta una limitazione per eventi di grande richiamo, e il palazzetto continua a sentire il peso della responsabilità di gestire una community sportiva in continua evoluzione. Durante le Universiadi del 2019, il PalaBarbuto ha dimostrato di poter ospitare eventi di respiro internazionale, ma la questione di un impianto all’altezza delle aspettative è ancora aperta.
La terza città d’Italia merita impianti sportivi all’altezza, che riflettano la vivacità e la passione della sua comunità. Con il Mario Argento chiuso e in abbandono, le autorità cittadine sono chiamate a riflettere e agire per garantire un futuro migliore al panorama sportivo napoletano, evitando che la storia di altri monumenti sportivi si trasformi in un capitolo di degrado e di rimpianto.