Il cambiamento nel nomenclatore tariffario in Italia sta generando preoccupazione tra le imprese del settore sanitario, in particolare per le strutture private accreditate. Se non si interverrà con urgenza, la riforma potrebbe avere conseguenze devastanti per migliaia di lavoratori e strutture sanitarie. La denuncia arriva da Elisabetta Argenziano, presidente nazionale di Federbiologi, che sottolinea come il nuovo tariffario metta a rischio la tenuta del sistema sanitario privato, che già oggi rappresenta una parte significativa dell’assistenza ambulatoriale nel paese.
In Italia, la sanità privata accreditata contribuisce in misura significativa all’erogazione delle prestazioni sanitarie, fornendo tra il 60% e l’80% dei servizi ambulatoriali, mentre il suo costo rappresenta solo una piccola frazione della spesa sanitaria totale, tra il 2% e il 5%. Nel 2023, sono stati forniti circa 800 milioni di prestazioni di specialistica ambulatoriale, delle quali ben il 75% riguardano analisi di laboratorio. Questa serie di prestazioni è particolarmente concentrata in determinate regioni, con il 48% dei laboratori accreditati situati nel Sud, il 47% nel Centro e il 27% nel Nord Italia.
La riforma del nomenclatore, però, introduce cambiamenti significativi che rischiano di compromettere questa rete di assistenza. In particolare, la modifica delle tariffe per le prestazioni, con 760 voci contenute nel nuovo tariffario, comporta una riduzione drammatica dei costi applicabili. A fronte di 82 prestazioni il cui costo è diminuito, ben 142 hanno registrato un aumento, mentre 536 sono rimaste invariate. È da notare che circa il 25% del nuovo tariffario rischia di non essere applicabile, sollevando inquietudini per le strutture che si troveranno a dover adottare prezzi insostenibili.
Le ripercussioni economiche delle nuove tariffe sono dirette e allarmanti. Argenziano ha indicato come alcune prestazioni, tra cui il test per la ricerca degli anticorpi per il virus HAV, vedranno un taglio drastico, arrivando a costare unicamente il prezzo di produzione. Altre prestazioni, come il prelievo di sangue e il test dell’emoglobina glicata, subiranno anch’esse forti diminizioni, a dispetto dei costi di produzione, che comprendono non solo i reagenti e il personale, ma anche le spese di manutenzione e i costi generali.
Le conseguenze di queste riduzioni potrebbero tradursi in una crisi per molte strutture sanitarie, in particolare i laboratori di analisi. La situazione diventa ancor più preoccupante se si considera che le spese per il personale e i materiali sono soggette a fluttuazioni e aumenti legati alle dinamiche economiche, come l’andamento del PIL. La complessità dei costi operativi non è stata adeguatamente considerata nella stesura del nuovo tariffario, gettando ombre sul futuro sostenibile del settore.
Le nuove tariffe imposte avrebbero conseguenze devastanti non solo per la struttura economica, ma anche per l’occupazione nel settore sanitario. Argenziano ha avvertito che l’applicazione delle nuove tariffe potrebbe portare a un’ondata di fallimenti tra le strutture sanitarie private accreditate. In particolare, si parla di chiusure, svendite di strutture e licenziamenti, con il rischio concreto di perdita di posti di lavoro per migliaia di famiglie, specialmente nelle regioni in cui l’occupazione nel settore sanitario è già fragile.
Nello specifico, in Campania la situazione è particolarmente seria, con 411 laboratori di analisi privati accreditati che danno lavoro a oltre 5.000 famiglie. Questo settore è un pilastro per il raggiungimento dei Livelli Essenziali di Assistenza , e una sua riduzione porterebbe a un incremento delle liste di attesa e a una diminuzione dei servizi sanitari essenziali per i cittadini. In questo contesto, i rischi sono non solo economici, ma anche sociali, in quanto i cittadini potrebbero essere costretti a rinunciare a prestazioni indispensabili.
Federbiologi si è schierata apertamente contro il nuovo tariffario, contestando non solo i criteri economici alla base delle modifiche, ma anche il processo di consultazione che ha portato a questo provvedimento. La mancanza di un dialogo costruttivo con le associazioni di categoria e le società scientifiche ha sollevato forti perplessità tra gli operatori del settore, lasciando presagire una deriva lontana dalle reali necessità del sistema sanitario.
L’organizzazione ha chiesto un intervento politico per promuovere un tariffario più sostenibile, evidenziando che, se non si procede in questa direzione, il sistema sanitario Italiano rischia di collassare. La sospensione delle attività di laboratorio in tutto il territorio nazionale appare all’orizzonte come un gesto estremo, ma necessario, in attesa di una revisione delle politiche sanitarie. Una revisione che, per essere efficace, deve necessariamente tener conto delle necessità economiche e professionali dei laboratori e dei servizi ambulatoriali.