Omero Benfenati, figura centrale nel Comitato Vele e tra i fondatori del gruppo di disoccupati organizzati Cantiere 167, condivide la sua esperienza di vita nell’area delle Vele di Scampia. La sua testimonianza offre uno spaccato della dura realtà di un quartiere segnato da storie di precarietà , ma anche di resistenza e lotta per la dignità . Una narrazione ricca di ricordi che permette di comprendere come il contesto socioculturale abbia influenzato le vite di chi ci abita.
Dalla famiglia agli spazi abitativi: l’inizio della storia
Omero Benfenati è legato indissolubilmente alla Vela Gialla, dove è praticamente cresciuto. La sua famiglia si trasferì lì quando lui aveva solo nove mesi, cercando una soluzione abitativa dopo che il padre, operaio alla Pirelli, non riusciva più a sostenere le spese per una famiglia numerosa. La scelta dell’occupazione della casa non era rara, e molti altri genitori si trovavano nella stessa situazione. Omero ricorda gli spazi: circa 96 metri quadrati che, per l’epoca, rappresentavano una delle poche opportunità per chi viveva in una condizione di indigenza.
Seppure gli spazi fossero ampi, la qualità della vita non era delle migliori. Omero narra di case “gelide”, senza un’adeguata manutenzione e prive dei comfort basilari. Le temperature rigide in inverno rappresentavano una costante sfida, poiché gli impianti di riscaldamento non funzionavano e la presenza di amianto nelle strutture è stata per molti anni una grave preoccupazione. I bambini, ignari della pericolosità della sostanza, la usavano addirittura come gessetto per il gioco.
Allo stesso tempo, gli ascensori sputavano un segnale di degrado e inaccessibilità . Gli abitanti dei piani più alti viaggiavano per le scale, rendendo la vita quotidiana complicata, in particolare per le persone anziane e con difficoltà motorie. La manutenzione era un miraggio: pezzi di muratura cedevano, e le condizioni di vita all’interno delle Vele erano ben lontane da quello che ci si aspetterebbe in un’abitazione dignitosa.
La faida di Scampia: tra speranza e paura
Il periodo della faida di Scampia è impresso nella memoria di Omero, un’epoca caratterizzata da violenza e conflitti tra clan che hanno segnato le vite di molti residenti. La Vela Gialla si trasformò in un’area di tensione in cui il pregiudizio nei confronti di chi ci abitava era palpabile. Omero ricorda come molti giovani membri della sua comunità abbiano preso direzioni sbagliate, chiudendosi in realtà sempre più lontane dai loro sogni e desideri. Sentirsi stigmatizzati come potenziali camorristi era una pesante eredità da portare.
Nonostante il clima di paura, Omero e i suoi compagni non si sono lasciati sopraffare dalla situazione. Hanno continuato la loro lotta per il riconoscimento dei diritti fondamentali degli abitanti delle Vele, rimanendo uniti nel Comitato. Il loro obiettivo era chiaro: ridare dignità e visibilità a una comunità troppo spesso dimenticata dalla società . In questo contesto, le Vele diventavano non solo simboli di un’architettura dimenticata, ma anche il cuore pulsante di una resistenza sociale.
Un futuro di speranza e cambiamento
Dopo anni di difficoltà e di lotte, il futuro sembra portare con sé una luce di cambiamento. Le tre Vele superstiti stanno per essere abbattute, mentre nuovi appartamenti saranno edificati per accogliere le famiglie che hanno subito le privazioni di un passato segnato dalla precarietà . Le voci di chi ha vissuto nei quartieri delle Vele si intrecciano in un coro di speranza per una vita migliore.
Omero accenna ai progetti in fase di sviluppo, menzionando come alcune famiglie si siano già trasferite, pagando l’affitto con contributi statali, e altre si stiano appoggiando a familiari. La prospettiva di un nuovo inizio è avvolta da un senso di attesa, e per chi ha sempre desiderato una casa vera, il futuro si annuncia finalmente promettente. La storia di Omero Benfenati è una narrazione di resilienza e comunità , rappresentativa di un cambiamento che lentamente, ma con fermezza, sta prendendo piede a Scampia.