Il 23 gennaio, il Museo di Capodimonte diventa palcoscenico di un evento straordinario per raccontare un capitolo cruciale della storia dell’arte e della cultura italiana. Si parlerà delle opere d’arte sottratte durante l’occupazione nazista, tra cui il celebre dipinto “Danae” di Tiziano, che ha avuto un percorso avventuroso tra Berlino e la sua ricollocazione in Italia, segnando una ferita e al contempo una rinascita per il patrimonio culturale nostrano.
L’epopea della Danae di Tiziano
La “Danae” di Tiziano, un’opera di straordinario valore artistico, ha vissuto una sorte incredibile. Inizialmente esposta nel Museo di Capodimonte, fu durante la Seconda Guerra Mondiale che la sua storia divenne drammatica. Durante la guerra, il dipinto fu trasferito nella residenza di Hermann Göring, un alto ufficiale nazista che sognava di apparire come un “principe del Rinascimento”. La sua ossessione per l’arte lo portò a posizionare la “Danae” al centro della sua dimora, sostituendola addirittura con una spalliera del letto. La giovane fanciulla, rappresentata nel dipinto, doveva fare i conti con un paradosso: invece di essere protetta dal padre, si ritrovò a fare compagnia all’aristocratico nazista. Questo racconto è narrato da Rodolfo Siviero, noto per il suo impegno nel recupero delle opere d’arte italiane rubate durante l’occupazione.
La trasposizione della “Danae” nelle mani di Göring non fu un’eccezione. Altri capolavori furono anch’essi sottratti all’Italia, che in quel periodo subiva gli orrori della guerra. La verità su come queste opere siano arrivate a Berlino è un riflesso di come la cultura fosse vista come bottino di guerra. Ogni dipinto e scultura rubata rappresentava non solo un valore economico, ma anche un pezzo di identità nazionale. Per questo motivo, il recupero di opere come la “Danae” è diventato un simbolo della resistenza culturale dell’Italia.
Il salvataggio delle opere d’arte
La storia delle opere d’arte italiane durante la Seconda Guerra Mondiale inizia nel 1940, quando il governo italiano, consapevole della vulnerabilità dei suoi beni culturali, decise di prendere misure di protezione. Le autorità all’epoca ordinarono il trasferimento di opere d’arte in luoghi strategici per proteggerle dai bombardamenti angloamericani. Napoli, una delle città più colpite, vide il suo patrimonio artistico messo in pericolo: dipinti, sculture e manoscritti furono trasferiti in abbazie e luoghi sicuri come Cava de’ Tirreni e Loreto a Mercogliano.
L’intera operazione di salvataggio coinvolse un imponente numero di opere: ben 5.189 dipinti, 29.404 disegni, 97 arazzi, oltre 1.000 sculture e diverse migliaia di oggetti di varia natura. Tuttavia, con l’avanzare delle truppe alleate, la necessità di trovare luoghi più sicuri divenne pressante. Così, si decise di trasferire i tesori più preziosi all’Abbazia di Montecassino, storica ed emblematica.
Dalla residenza del noto ecclesiastico furono spostati alcuni dei capolavori più noti, tra cui la “Danae”, nonostante i rischi legati ai bombardamenti. Questa operazione si svolse nel contesto di un clima di emergenza e paura, in cui le opere d’arte rappresentavano non solo un patrimonio culturale, ma anche un simbolo di speranza.
Il recupero dopo la guerra
Quando il conflitto giunse al termine nel 1945, molti dei beni culturali italiani continuarono a essere ricercati. Dopo la resa della Germania, la caccia al tesoro divenne cruciale. Le opere, tra cui la “Danae”, erano ancora disperse e si trovavano nelle miniere di salgemma di Altaussee, in Austria, da dove erano state nascoste da Göring prima della sua rovina. Questo nascondiglio rappresentava un rischio notevole, poiché Hitler stesso voleva distruggerle per evitare che cadessero in mani nemiche. Tuttavia, fortunatamente, i minatori austriaci rifiutarono di eseguire ordini così distruttivi.
Il ritrovamento delle opere d’arte contribuì a ridare alla popolazione italiana non solo i loro beni, ma anche un pezzo della loro storia. Il ministero dell’istruzione italiano, rappresentato da Vincenzo Arangio-Ruiz, si trovò a essere al centro di un’operazione delicata, coordinandosi con i “Monuments Men”, i soldati americani incaricati di salvaguardare il patrimonio artistico rubato.
Il duro lavoro di Rodolfo Siviero si tradusse nel recupero delle opere saccheggiate, e il 13 agosto del 1947 rappresentò una data storica: i tesori italiani, tra cui la “Danae”, tornavano finalmente a casa. Siviero non si fermò, continuando a ricercare anche quelle opere che erano state già inviate in Germania dal pre-guerra e che, attraverso una complicata giurisprudenza, venivano riportate nel proprio paese d’origine. In un contesto così segnato dalla guerra e dalla distruzione, il recupero delle opere d’arte si presentò come un atto di rinascimento culturale e di identità nazionale.