Un’inchiesta della procura di Napoli Nord ha portato alla luce un caso inquietante che coinvolge frati accusati di violenze sessuali e un presunto piano per silenziare le vittime attraverso una rapina. Questi eventi, emersi nelle ultime ore, proiettano una grave ombra su una comunità già segnata da scandali nel settore religioso. Le indagini, avviate lo scorso aprile, si concentrano su fatti che potrebbero avere ripercussioni significative sia a livello sociale che legale in un contesto già delicato come quello di Afragola.
L’inchiesta e l’arresto dei sospettati
Sei misure cautelari firmate dai carabinieri
Questa mattina, i carabinieri della stazione di Afragola hanno eseguito sei misure di custodia cautelare in carcere, coinvolgendo persone ritenute gravemente indiziate per reati di rapina aggravata e violenza sessuale. Le indagini che hanno portato a questo risultato erano iniziate lo scorso aprile, in seguito a una denuncia presentata da due uomini locali, ex dipendenti di luoghi di culto, che avevano subito una rapina.
I due uomini hanno riportato che, a volto coperto e armati di mazze e coltello, i rapinatori sono entrati nella loro abitazione sfondando la porta d’ingresso. Molto particolare è stato il bottino: uno smartphone. I malviventi hanno tentato di rubare anche un secondo cellulare, ma, interrompendo la loro azione a causa dell’intervento di un vicino, sono stati costretti alla fuga. Le vittime hanno quindi riconosciuto gli autori materiali della rapina, permettendo così agli inquirenti di raccogliere prove concrete.
Violenze sessuali collegate agli abusi ecclesiastici
Abusi all’interno dei monasteri e testimonianze delle vittime
Le due vittime hanno successivamente ricollegato l’episodio della rapina alle violenze sessuali di cui avrebbero fatto esperienza da parte di alcuni frati della zona campana. Gli atti processuali confermano che tali violenze sarebbero avvenute in vari monasteri, tra cui la Basilica di SANT’ANTONIO di Afragola. La procura ha dichiarato di aver trovato “granitici riscontri” riguardo queste gravi accuse.
Le indagini hanno coinvolto diverse intercettazioni telefoniche, che hanno messo in luce il movente reale della rapina: sottrarre gli smartphone delle vittime, contenenti chat e immagini compromettenti per alcuni frati. Ciò che emerge dalle intercettazioni è sbalorditivo e mette in evidenza un piano di insabbiamento orchestrato a fini di protezione delle figure religiose coinvolte.
Coinvolgimento di un parroco e intimidazioni
Un parroco sospettato di essere mandante della rapina
Un elemento rilevante viene dall’ipotesi che il parroco di Afragola abbia ricoperto il ruolo di mandante nella rapina. Avrebbe inviato persone a compiere l’azione illecita per evitare che le prove di violenza emergessero pubblicamente. Se confermato, il suo coinvolgimento potrebbe non solo incrinare gravemente la fiducia nella comunità religiosa, ma anche far emergere un sistema di protezione al suo interno.
Lettere e testimonianze inquietanti
Richiesta di pagamento e abusi subiti
Un fatto ulteriore che risalta è una lettera scritta dagli avvocati delle vittime, diretta ai frati superiori. In essa, si sollecitava il pagamento di prestazioni lavorative non corrisposte nei monasteri in cui avevano prestato servizio. Veniva inoltre affrontato il tema delle violenze sessuali ricevute dalle vittime come condizione per ottenere assistenza di vario genere, vestiti e cibo.
La lettera ha posto in evidenza un contesto socio-economico critico, in cui le vittime si trovavano costrette a subire assurde coercizioni in cambio di aiuti fondamentali. Inoltre, da testimonianze di un frate, che era a conoscenza sia degli abusi sia del piano della rapina, emerge una rete di complicità e paura che affligge il clero locale.
In questa drammatica vicenda i contorni della giustizia e della morale si intrecciano, rimanendo a lungo nel vivace dibattito pubblico riguardo ai rapporti tra istituzioni religiose e comportamenti inaccettabili da parte di chi detiene potere.