Un’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere ha portato alla luce presunti reati legati a progetti di integrazione dedicati ai migranti a Caserta. Sono 17 le persone indagate, tra cui esponenti di enti del terzo settore e un ex dipendente comunale, per truffa e falso. Questo caso solleva interrogativi non solo sulle pratiche amministrative legate alla gestione dei fondi pubblici, ma anche sulla trasparenza e l’adeguatezza dei progetti di integrazione così cruciali in una città che vive una continua pressione migratoria.
Le indagini, avviate nella seconda metà del 2018, hanno preso piede da denuncia di un ex operatore del Centro Sociale Ex Canapificio. Questo individuo, licenziato per appropriazione indebita di beni del centro, ha messo in moto una serie di controlli e verifiche sugli affidamenti pubblici di progetti per l’integrazione dei migranti attivi tra il 2017 e il 2018. Presumibilmente, i fondi stanziati, pari a 6 milioni di euro, erano stati ottenuti sulla base di documentazione ritenuta falsa o manipolata.
La Procura, sotto la direzione del procuratore Pierpaolo Bruni e con l’investigazione del sostituto Anna Ida Capone, ha esaminato in particolare gli affidamenti a due centri: l’ex Canapificio e la comunità Casa di Rut, entrambe attive nella gestione dello Sprar, i sistemi di protezione per richiedenti asilo. I progetti, che avrebbero dovuto facilitare l’integrazione degli immigrati sul territorio attraverso corsi di formazione e supporto linguistico, sono stati segnalati come contenenti irregolarità che potrebbero aver portato a un uso improprio delle risorse pubbliche.
Tra gli indagati figurano nomi noti all’interno del panorama dell’assistenza sociale in Campania. Spicca Matteo Palmisani, un ex dipendente del Comune di Caserta, il quale, secondo l’accusa, avrebbe avuto un ruolo centrale nell’assegnazione e nella gestione dei fondi. Al suo fianco, la figura di suor Rita Giarretta, legale rappresentante della congregazione delle Suore Orsoline, insieme a diversi esponenti del Centro Sociale Ex Canapificio.
Il fatto che in ballo ci siano figure appartenenti a organizzazioni no profit che si occupano di accoglienza, rappresenta un ulteriore elemento di complessità per la delicata questione dell’integrazione dei migranti. Mentre le indagini si concentrano sulle procedure di affidamento dei progetti, si pongono interrogativi sulla gestione etica dei fondi e sull’impatto che queste malversazioni potrebbero avere sulla comunità migrante e sull’immagine della città.
In risposta alle indagini, il Centro Sociale Ex Canapificio ha pubblicato una nota stampa in cui dichiara la sua estraneità alle accuse mosse dalla Procura. L’associazione si è mostrata fiduciosa nella possibilità di dimostrare la propria innocenza e ha sottolineato il proprio impegno per le attività di integrazione e socializzazione, vissute come un pilastro fondamentale della loro missione.
“Riteniamo infamanti le ipotesi di reato che ci vengono addebitate,” si legge nella nota, che evidenzia come le indagini fossero già chiuse nel 2019. L’ex Canapificio rivendica il successo dei progetti implementati e la costruzione di una comunità accogliente e solidale nella città di Caserta, enfatizzando che la loro missione non verrà compromessa nonostante le attuali contestazioni.
Questa vicenda si colloca in un contesto più ampio, in cui l’integrazione dei migranti rimane un argomento delicato, spesso influenzato da questioni di mala gestione e scorrettezze amministrative che possono minare la fiducia del pubblico verso le realtà che si occupano di assistenza e inclusione sociale. Le conseguenze di questa indagine potrebbero avere ripercussioni significative non solo sugli indagati, ma anche sulla comunità migrante, che potrebbe subire gli effetti di una crisi di credibilità.