Il tragico evento avvenuto al porto di Genova Pra’ ha suscitato un profondo sgomento nella comunità portuale, con la morte di Giovanni Battista Macciò, un portuale rispettato, avvenuta la notte tra martedì e mercoledì. Con l’aumento del numero degli indagati, l’inchiesta si fa sempre più complessa e delicata, coinvolgendo figure chiave della compagnia e della sicurezza lavorativa portuale.
Durante una routine di controllo dei sigilli di alcuni container, Giovanni Battista Macciò ha perso tragicamente la vita in un incidente che ha coinvolto una ralla, un mezzo pesante utilizzato per il movimento delle merci. La ralla, manovrata dall’operatore Patrizio Randazzo, si è scontrata con un’altra ralla in sosta, colpendo Macciò mentre era all’opera. L’incidente ha provocato anche il ferimento del conducente del secondo mezzo coinvolto. Secondo le prime ricostruzioni, Randazzo avrebbe riferito al suo avvocato che il sinistro è avvenuto a causa di un colpo di sonno, una spiegazione che ha sollevato ulteriori interrogativi sulla sicurezza e sulle pratiche lavorative in atto nel porto.
Le indagini hanno portato a un aumento degli indagati, ora sette, tra cui Randazzo stesso, che è sotto inchiesta per omicidio colposo. Gli inquirenti stanno esaminando attentamente i dettagli del caso, con l’obiettivo di ricostruire le dinamiche esatte dell’accaduto. Le prime verifiche hanno messo in luce un video registrato dalle telecamere di sorveglianza del porto, che ha mostrato la ralla cambiare direzione in modo inaspettato poco prima dell’impatto. Questa manovra solleva la questione della possibile negligenza e l’importanza della formazione degli operatori.
Oltre a Patrizio Randazzo, gli indagati includono Antonio Benvenuti, console della compagnia unica, e altri cinque membri della PSA , la società responsabile del coordinamento delle operazioni portuali. Il coinvolgimento di figure di alto profilo suggerisce che le responsabilità potrebbero estendersi oltre il singolo operatore, mettendo in luce una serie di procedure e controlli che potrebbero necessitare di revisioni.
Le indagini sono sotto la direzione della magistratura, guidate dalla pm Arianna Ciavattine, e supportate dalla Capitaneria di Porto e dal gruppo di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro dell’ASL 3. Questo team sta esaminando non solo le prove video, ma anche la documentazione relativa allo stato di servizio, l’idoneità e le verifiche del mezzo coinvolto. Per ora, la ralla risulta essere in perfette condizioni, ma l’analisi delle modalità operative e delle eventuali mancanze guadagna sempre più importanza.
Le indagini non si limitano alle dichiarazioni dei testimoni, ma si fondano su un ampio fascicolo di prove, inclusi video sequestrati e rapporti di sicurezza. L’agenzia di sicurezza portuale sta collaborando attivamente, per garantire che non solo questa situazione venga risolta, ma anche per evitare che eventi simili si verifichino in futuro. La sicurezza sul lavoro è una priorità, soprattutto in ambienti complessi come quello portuale dove il movimento di mezzi pesanti e merci è incessante.
Un aspetto da non sottovalutare riguarda la prova di uso di sostanze da parte di Randazzo, risultato positivo ai cannabinoidi ma non sotto effetto al momento del sinistro. Questo elemento complica ulteriormente la posizione legale di tutti gli indagati, portando a interrogativi circa le politiche relative all’uso di sostanze all’interno dei luoghi di lavoro e la salute mentale degli operatori che affrontano turni spesso estenuanti.
Il caso di Giovanni Battista Macciò rappresenta non solo una tragedia personale, ma anche un campanello d’allarme per l’intero settore, che potrebbe portare a una riconsiderazione delle pratiche operative e delle norme di sicurezza all’interno dei porti italiani. Una revisione approfondita e diligente delle procedure operative diventa ora fondamentale per garantire che simili incidenti non si ripetano in futuro.