Leonardo Mantovani, ex responsabile dello scouting del Napoli, ha concesso un’intervista radiofonica a Radio Napoli Centrale in cui ha condiviso dettagli affascinanti riguardo il suo lavoro e la formazione della squadra partenopea. La sua esperienza nel club e le intuizioni personali offrono uno sguardo unico sui processi decisionali che stanno dietro alla costruzione di una rosa competitiva. In questo articolo, esploreremo i momenti salienti dell’intervista, rivelando le sue opinioni sui giocatori chiave, sulle dinamiche interne e sulle sfide strategiche affrontate dal Napoli.
La funzione dello scout: oltre il semplice scouting
Mantovani inizia a spiegare che il termine “scout” è inadeguato a descrivere il lavoro che svolgono all’interno delle società calcistiche. Se considerato nel suo significato letterale, un scout è un esploratore, qualcuno che va in cerca di talenti sconosciuti. Tuttavia, nel contesto attuale, il lavoro di scouting consiste più nella selezione e analisi dei giocatori già noti. Il suo compito non è solo identificare nomi, ma determinare quali calciatori possono soddisfare le esigenze specifiche del Napoli e del suo allenatore, per creare una sinergia efficace all’interno della squadra.
Mantovani sottolinea l’importanza di comprendere le richieste del tecnico e le caratteristiche del gruppo già esistente, per fare scelte mirate che non solo rafforzino la squadra ma la rendano anche più coesa. L’attività di scouting, quindi, richiede una grande competenza analitica e una profonda conoscenza del calciatore e del contesto in cui dovrà operare.
Retroscena sull’arrivo di Victor Osimhen
Durante l’intervista, Mantovani condivide un retroscena interessante sull’acquisizione di Victor Osimhen. La prima osservazione del centravanti nigeriano avvenne durante una partita di Champions League tra Ajax e Lille, dove lo scouting iniziale era focalizzato su altri giocatori, in particolare i terzini dell’Ajax, Mazraoui e Tagliafico. Tuttavia, dopo aver analizzato ulteriormente il match, Mantovani si accorge delle potenzialità di Osimhen, un attaccante “imprendibile” per la sua capacità di coprire ampie aree del campo.
Nel contesto della squadra, però, il ruolo di Osimhen doveva essere ponderato con attenzione, poiché in quel periodo la squadra si affidava a Dries Mertens come centravanti, un giocatore con caratteristiche specifiche che differivano notevolmente da quelle del nigeriano. Mantovani ricorda la fase di transizione che seguì alla vittoria della Coppa Italia con Gattuso, dove gli obiettivi di gioco e le necessità della squadra portarono a una rivalutazione nei ruoli e nelle strategie, culminando nella decisione di ingaggiare Osimhen, che si rivelò cruciale per il futuro del Napoli.
La selezione di Stanislav Lobotka e il suo impatto
Un altro punto saliente dell’intervista riguarda l’arrivo di Stanislav Lobotka in squadra. Mantovani rivela di aver avuto l’opportunità di assistere al giovane slovacco fin dai tempi delle giovanili, notando le sue abilità sia come median che come potenziale playmaker. La sua analisi approfondita, apprezzata da Cristiano Giuntoli, è stata determinante per il convincimento sulla sua idoneità al Napoli.
L’inserimento di Lobotka nella squadra rappresenta una strategia chiara per svecchiare e rafforzare il centrocampo, un quadro essenziale per il gioco impostato da Gattuso. La sua capacità di impostare il gioco e di adattarsi a diversi ruoli è diventata fondamentale, contribuendo non solo alla stabilità della squadra, ma anche alle dinamiche offensive e difensive.
La struttura del Napoli: il ruolo di Giuntoli e la forza del gruppo
Mantovani chiarisce anche il ruolo di Cristiano Giuntoli, direttore sportivo del Napoli, spiegando che il suo operato non si limita a fare da ponte tra squadra e dirigenza, ma è parte integrante di un gruppo coeso dove ognuno ha responsabilità specifiche. Questa organizzazione interna ha consentito di gestire in modo più collaborativo l’analisi dei giocatori e le strategie per il mercato, garantendo così un’efficace implementazione delle scelte fatte.
Riflette anche sulla costruzione della squadra che ha portato alla vittoria del campionato. Pur non avendo previsto un successo così straordinario, Mantovani era certo della qualità dei nuovi acquisti. La sfida principale non stava nel talento individuale, bensì nella capacità di questi giocatori di integrarsi e lavorare in sinergia con gli altri membri della rosa.
La vittoria dello Scudetto e l’emozione collettiva
Un momento di grande commozione, per Mantovani, è legato alla vittoria dello Scudetto. Racconta di come, durante la stagione, molti lo osservassero con scetticismo, ma l’affetto e l’emozione dei tifosi al raggiungimento di questo traguardo rappresentano un ricordo indelebile. Egli mette in risalto l’importanza del supporto della comunità partenopea, che ha vissuto quest’esperienza non solo come un successo sportivo, ma come un evento profondamente umano che ha unito la città .
Mantovani descrive l’atmosfera di festa e l’emozione collettiva, evidenziando l’importanza del titolo, non solo come risultato sportivo, ma anche come simbolo di rinascita e speranza per tutti coloro che hanno vissuto a lungo senza grandi conquiste.
Futuro e nuove sfide nel calcio
Infine, l’ex responsabile dello scouting parla delle sue aspirazioni future. Mantovani ammette di avere un forte legame con il Napoli e la sua evoluzione nel tempo. Sebbene attualmente sia in una fase di riflessione professionale dopo il suo lungo percorso nel club, non esclude la possibilità di un ritorno nel mondo del calcio, ribadendo il suo attaccamento al club e alla città .
La sua carriera nel mondo del calcio è stata segnata dalla passione e dalla determinazione, e il desiderio di continuare a contribuire al settore attraverso scouting e scelte strategiche resta vivo. Con la sua esperienza, Mantovani si presenta come una figura chiave nel racconto della moderna era del Napoli e del suo successo.