Il film “Hey Joe“, diretto da Claudio Giovannesi e interpretato da James Franco, è attualmente nelle sale e sta raccogliendo consensi dal pubblico e dalla critica. La storia, ambientata tra Napoli e la Seconda Guerra Mondiale, offre uno spaccato della vita di un soldato americano che, dopo vent’anni, torna a rivedere il figlio avuto durante la guerra. Franco, in un incontro con i giornalisti, ha condiviso la sua esperienza di lavoro in Italia, rivelando non solo aneddoti sul set, ma anche il suo desiderio di tornare a Napoli come regista.
Un’interpretazione internazionale
James Franco ha stupito il pubblico interpretando un personaggio che parla italiano, il che non era una scelta scontata. “Claudio Giovannesi è venuto a trovarmi a Los Angeles per rivedere lo script. Insieme abbiamo deciso che avrei parlato italiano,” ha dichiarato l’attore. Per prepararsi, Franco ha lavorato intensamente con Tatiana Lepore, una coach di lingua, per due mesi. Sul set a Napoli, la possibilità di mescolare inglese e italiano ha reso la recitazione un’esperienza particolarmente dinamica. Tuttavia, ha dovuto affrontare sfide, dato che alcuni colleghi attori non parlavano affatto inglese. Questo lo ha costretto a utilizzare l’italiano, ma Franco ha descritto questa esperienza come “una sfida affascinante”, sottolineando come il film abbia influito su di lui e non viceversa. Per lui, recitare in una lingua diversa è stato un modo per crescere come artista.
Il fascino del cinema italiano
Franco ha espresso il suo apprezzamento per l’approccio diverso al cinema che ha trovato in Italia. “C’è un modo distinto di girare film qui, di supportare un attore,” ha affermato. Ha elogiato autori italiani contemporanei come Giovannesi, Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, notando le loro radici nell’eredità di grandi maestri del cinema come Pasolini e Fellini. Questo legame con il passato si riflette nel loro modo di lavorare con attori non professionisti e nella scelta di location reali. L’attore ha anche fatto riferimento all’influenza dei fratelli Dardenne nel lavoro di Giovannesi, sottolineando come la prospettiva del personaggio venga presentata attraverso una narrazione in prima persona, contribuendo a creare una connessione autentica con il pubblico.
La nascita del progetto “Hey Joe”
Il regista Claudio Giovannesi ha condiviso la genesi del film, rivelando di aver ricevuto l’idea dal suo collaboratore Maurizio Braucci, con il quale ha co-sceneggiato il progetto. “Maurizio mi ha parlato di una sorta di leggenda riguardante un soldato americano nei Quartieri spagnoli di Napoli. Era una storia di cui si parlava tanto, ma in pochi sapevano cosa fosse realmente accaduto,” ha spiegato il regista. Giovannesi ha poi sottolineato che il film è anche un modo per esplorare, attraverso il passato, realtà che risuonano nel presente. L’ambientazione storica richiede un’attenta riflessione sui temi universali della guerra, specialmente sul suo impatto su donne e bambini, elementi centrali nella narrazione.
L’amore di Franco per Napoli
Durante le riprese, James Franco ha soggiornato a Napoli per tre mesi, immerso nella cultura e nella vita della città. “Ho visitato tanti luoghi, ma la mia routine di lavoro sei giorni su sette era intensa. Tuttavia, ho avuto modo di esplorare e ho trovato tempo per andarmi a vedere le partite dello stadio,” ha raccontato. Si è anche legato ad alcuni personaggi locali, come Giovanni Simeone, ed è rimasto colpito da alcune delle meraviglie della città, come le Catacombe e il Cristo velato. L’attore ha messo in evidenza la sua passione per la cucina napoletana e ha manifestato il desiderio di tornare in città, sottolineando che si sente a casa e che ha molti amici a Napoli.
La documentazione e la verità nel racconto
Il processo di scrittura di “Hey Joe” è stato fortemente influenzato dalla realtà che Giovannesi ha cercato di catturare. “In molte maniere, la storia si è scritta da sola,” ha affermato. La ricerca e l’incontro con persone reali hanno fornito spunti autentici per il film, come nel caso di un’intrattenitrice che ha ispirato il personaggio della “entraîneuse”. Questo approccio testimonia come il documentario informi il cinema di finzione, creando così una narrazione che si ispira alle esperienze vissute da individui durante la guerra. La capacità di trarre da storie reali per dare vita a personaggi e dialoghi concreti è un elemento distintivo del lavoro di Giovannesi, che ha saputo coniugare abilmente finzione e realtà.