L’episodio accaduto a Jannik Sinner durante l’incontro agli ottavi di finale degli Australian Open 2025 ha suscitato non poco dibattito. Il campione altoatesino ha manifestato segni di disagio, con tremori alle mani, facendo ipotizzare un attacco di panico, secondo l’opinione di esperti. Rosario Sorrentino, neurologo e divulgatore scientifico, offre una spiegazione approfondita riguardo a come lo sport, in particolare le discipline ad alta intensità come il tennis, possano influenzare la salute mentale degli sportivi.
Il legame tra sport intensivo e attacchi di panico
Il tennis, come molte altre attività sportive altamente competitive, richiede un notevole impegno fisico e mentale. Ad alta intensità, questo sport può diventare un potenziale “trigger” per attacchi di panico, specialmente in soggetti predisposti. Sorrentino sottolinea che la pressione agonistica e le aspettative elevate possono contribuire a creare uno stato d’ansia, in cui l’atleta sperimenta sintomi fisici e mentali fastidiosi.
L’attacco di panico si manifesta, tra l’altro, con tremore, tachicardia, vertigini e iperventilazione. Si tratta di reazioni corporee che si innescano in situazioni di stress estremo, dove l’atleta perde temporaneamente il controllo delle proprie emozioni e sensazioni fisiche. Quando Sinner ha avvertito questi segnali, è naturale che abbia avuto bisogno di fermarsi e cercare di comprendere cosa gli stesse accadendo. Questo semplice gesto di pausa è spesso fondamentale per ripristinare una certa stabilità emotiva.
Sintomi specifici e durata degli attacchi
Sorrentino evidenzia che gli effetti di un attacco di panico possono variare da persona a persona, ma di solito si esprimono attraverso un mix di sintomi fisici e psicologici. Le manifestazioni principali includono il tremore, un incremento del battito cardiaco e la sensazione di mancanza d’aria. Questi problemi fisici spesso generano paura e ansia, creando un circolo vizioso difficile da interrompere per l’atleta.
Tali episodi possono durare da pochi secondi a qualche minuto, ma, in quel breve arco di tempo, immediatamente il soggetto può sentirsi sopraffatto. La paura di rivivere quelle stesse sensazioni può influenzare le prestazioni future, rendendo difficile per un atleta tornare a uno stato mentale ottimale.
Molti sportivi, non solo coloro che partecipano a competizioni di tennis, possono sperimentare attacchi di panico. L’atto di competere ad alti livelli porta inevitabilmente con sé una pressione enorme, che può attivare reazioni di ansia. Si stima che attacchi di questo tipo siano più comuni in discipline dove la performance è costantemente sotto osservazione.
La reazione delle istituzioni sportive
Dopo episodi del genere, è fondamentale che gli enti sportivi riconoscano l’importanza della salute mentale degli atleti. Molte organizzazioni stanno iniziando a introdurre programmi di supporto psicologico, volti a fornire strumenti utili per gestire situazioni di stress e pressione. Non si tratta solamente di un aiuto momentaneo, ma di un approccio sistematico per garantire che gli atleti non solo siano fisicamente preparati, ma anche mentalmente equipaggiati per affrontare le sfide della competizione.
In questo contesto, è fondamentale creare un ambiente sano, dove gli sportivi possano esprimere le loro emozioni e chiedere supporto quando necessario. Implementare tali misure permetterebbe di ridurre il numero di atleti che soffrono silenziosamente, aiutandoli a riconoscere e affrontare i propri limiti.
Il caso di Jannik Sinner pone l’accento su un aspetto spesso trascurato nel mondo dello sport, ma cruciale per il benessere globale degli atleti. Tutti coloro che partecipano a competizioni dovrebbero sentirsi supportati e compresi nel loro percorso, in modo da potersi concentrare su ciò che sanno fare meglio: competere.