La situazione economica della Juventus continua a destare preoccupazioni nel mondo del calcio. Nel corso della trasmissione “A Pranzo con Chiariello” su CRC, Alessandro Giudice, analista finanziario del Corriere dello Sport, ha fornito un’analisi approfondita su come le strategie di gestione economica del club bianconero si intersechino con le prestazioni sul campo. Questo articolo esplorerà i punti principali discussi, con un focus particolare sulle scelte di mercato e sul futuro del calcio europeo.
Le scelte di mercato della Juventus
Un bilancio in rosso
Giudice ha messo in evidenza come la Juventus, nel tentativo di ridurre i costi, stia affrontando una realtà finanziaria complicata. Mentre il club ha cercato di tagliare alcune spese, come nel caso di Szczesny e Chiesa, si è trovato a spendere ingenti somme per nuovi acquisti. L’analista ha citato un esempio emblematico: l’acquisto di Koopmeiners per sessanta milioni di euro e l’iscrizione di un bilancio di cinquanta milioni per Douglas Luiz, il quale non ha ancora esordito. Questo accumulo di investimenti si traduce in 110 milioni di euro in cartellini e un ammortamento di 22 milioni di euro all’anno.
I dati esposti da Giudice non lasciano spazio a equivoci: la Juventus ha accumulato perdite impressionanti, pari a 900 milioni di euro. Questa situazione solleva interrogativi sul piano di risanamento del club, con l’analista che sottolinea l’asserzione che non ci si può illudere di raggiungere un equilibrio finanziario mentre si continuano a generare perdite.
Le vittorie e la crisi recente
Dal 2019, la Juventus fatica a mantenere il livello di eccellenza che la contraddistingueva nei precedenti nove campionati consecutivi. Giudice ha sottolineato come, nonostante sia riuscita a conquistare solo due titoli dalla stagione 2018-2019, il club non ha più brillato come in passato. Questo andamento negativo porta a una riflessione critica sul fatto che l’equazione “se non spendi, non vinci” non è sempre applicabile, specialmente alla luce dei risultati sportivi recenti.
Il salary cap e il modello americano
Le differenze tra calcio e sport americani
La discussione di Giudice si è poi spostata sul comparativo fra il sistema calcistico europeo e quello degli sport americani, evidenziando che il salary cap, comune nella NBA e nella NFL, non ha applicabilità nel calcio europeo. Secondo l’analista, il sistema americano è caratterizzato da regole che evitano pratiche discutibili, come la mancanza di promozioni e retrocessioni e una distribuzione dei proventi che favorisce l’equità tra i club. In Europa, invece, le disparità economiche tra le squadre rendono il sistema più vulnerabile e competitivo a livello di abbastanza arbitrario.
Giudice ha spiegato che negli Stati Uniti, c’è un’armonia contrattuale tra le franchigie che consente di stabilire un salary cap collettivo. Ciò fornisce alle società un notevole potere contrattuale nei confronti degli atleti, che, a loro volta, possono avvalersi di sponsor personali in un mercato più strutturato e regolare rispetto a quello europeo.
L’evoluzione dei tifosi e delle star
Infine, Giudice ha toccato il tema dell’evoluzione delle fanbase nel calcio moderno. Attualmente, un numero crescente di tifosi si identifica con le singole stelle del calcio piuttosto che con le squadre stesse. Esempi inclusi nel discorso sono stati casi di figure emblematiche come Cristiano Ronaldo, che ha portato la sua immagine e il suo talento in Arabia Saudita, raggiungendo un miliardo di follower. Questo trend rappresenta un cambiamento significativo nel panorama calcistico, dove l’influenza personale dei calciatori può superare quella dei club.
I punti di vista espressi da Alessandro Giudice offrono un’affascinante prospettiva sulla sostenibilità economica della Juventus e sull’evoluzione del calcio moderno, suggerendo che le attuali sfide potrebbero richiedere un ripensamento sostanziale delle strategie sia in campo che nei board.