Roberto D’Aversa, allenatore dell’Empoli, ha recentemente condiviso la sua esperienza personale riguardo alla paralisi facciale che ha affrontato, fenomeno avvenuto in un momento critico della sua carriera sportiva. In un’intervista esclusiva con La Gazzetta dello Sport, D’Aversa ha descritto i momenti drammatici seguiti all’insorgenza del problema, sottolineando l’importanza di affrontare queste sfide sia dal punto di vista fisico che emotivo. Queste parole non solo offrono uno spaccato della sua vita personale, ma mettono anche in luce le difficoltà che possono colpire chi vive in ambienti competitivi come il calcio professionistico.
La vicenda di D’Aversa inizia con una serata tranquilla, caratterizzata da una cena a Firenze con il suo staff. Tuttavia, l’indomani mattina, durante la normale routine di igiene orale, si è accorto che qualcosa non andava: “La bocca non rispondeva ai comandi.” Questo episodio ha segnato l’inizio di una serie di eventi che lo avrebbero portato a una diagnosi inaspettata. Per diversi giorni, D’Aversa ha notato un’anomalia nei suoi sensi, in particolare l’incapacità di percepire i sapori, accompagnata dalla preoccupazione di potersi essere contagiato dal Covid-19, nonostante il tampone avesse dato esito negativo.
La decisione di chiamare il dottore dell’Empoli e recarsi al Pronto soccorso si è rivelata cruciale. Dopo quattro ore di attesa e una serie di esami che lo hanno tenuto in uno stato di ansia profonda, è arrivato il temuto responso: paresi facciale. Questo termine medico ha segnato l’inizio di un periodo difficile per D’Aversa, che si è trovato a lottare non solo contro i sintomi fisici, ma anche con la propria percezione di sé.
D’Aversa ha rivelato che i primi giorni dopo la diagnosi sono stati particolarmente duri. La paralisi facciale ha reso impossibile compiere atti quotidiani come bere e mangiare, portandolo a una situazione di frustrazione e impotenza. Una delle conseguenze più significative è stata l’incapacità di chiudere l’occhio sinistro, costringendolo a bendarsi durante la notte per proteggere l’occhio stesso. Queste limitazioni hanno impattato non solo sulla sua salute fisica, ma hanno avuto anche ripercussioni sulla sua vita personale e professionale.
Attualmente, D’Aversa sta seguendo una terapia a base di cortisone e integratori specifici per il recupero dei nervi. Le terapie mediche e il supporto della famiglia sono diventati fondamentali per affrontare questo periodo complicato. Il tecnico ha trovato anche nella voglia di scherzare con la sua famiglia un modo per affrontare la situazione; ad esempio, ha raccontato divertenti episodi con sua figlia, che lo aiutano a mantenere un atteggiamento positivo e a trovare la forza di andare avanti.
Durante l’intervista, D’Aversa ha toccato anche tematiche più profonde legate alla salute e all’importanza della prevenzione. Riconoscendo la propria fortuna, ha riflettuto su come malattie o problemi simili possano colpire chi vive con condizioni di salute precarie fin dalla nascita. Le sue parole mettono in evidenza come il bullismo possa essere un effetto collaterale di tali problematiche, portando a una maggiore sensibilizzazione verso chi affronta disabilità o anomalie fisiche.
In un contesto sportivo competitivo, la salute mentale e fisica è spesso messa sotto pressione. D’Aversa ha enfatizzato l’importanza di avere supporti e risorse adeguate, non solo per chi è colpito da malattie acute come la sua, ma anche per chi combatte quotidianamente con condizioni di salute più gravi o croniche.
La testimonianza di D’Aversa serve da monito e incentivo per una riflessione collettiva sulla salute, enfatizzando che in primis, è fondamentale non sottovalutare i segnali del corpo e riconoscere l’importanza di ricercare aiuto quando necessario. La sua esperienza, nonostante la difficoltà, offre un messaggio di speranza e resilienza a chi si trova ad affrontare situazioni simili.