Nicolò Martinenghi, plurimedagliato nuotatore italiano, ha attirato l’attenzione per le macchie rosse a forma di pois che adornano la sua schiena dopo la vittoria nei 100 metri a rana alle Olimpiadi di Parigi 2024. Questi segni non sono propriamente un’esclusiva di Martinenghi, ma si possono osservare anche su altri atleti, come Gregorio Paltrinieri. Le impressioni sulla pelle di Martinenghi sono il risultato della Cupping therapy, una pratica molto diffusa che attira interesse e curiosità, ma solleva anche interrogativi sulla sua efficacia e sicurezza. Un’analisi approfondita è offerta dai medici di ‘Dottore, ma è vero che…?’, un portale della Fnomceo che si occupa di contrastare le fake news in ambito sanitario.
La coppettazione, o Cupping therapy, ha radici nella medicina tradizionale cinese, utilizzata da millenni per trattare diverse anomalie fisiche. Gli esperti medici segnalano che questa pratica ha una lunga storia e si basa su principi diversi rispetto alla medicina occidentale moderna. È spesso impiegata per alleviare condizioni come mal di schiena, dolori cronici e persino alcune malattie respiratorie. La sua diffusione ha travalicato i confini della medicina tradizionale, trovando consenso anche in ambiti più ampi, inclusi alcuni settori del mondo dello spettacolo.
La procedura di coppettazione prevede l’uso di vasetti di vetro che vengono applicati sulla pelle. Creando un vuoto all’interno di questi contenitori mediante fiamma, si genera un’aspirazione della pelle. Questa modalità di applicazione può essere eseguita in diversi modi e con vari protocolli. Si contano almeno 15 tecniche distinte e 10 protocolli di trattamento, risultando in una pratica molto variabile. Nel 2010, il governo cinese ha promosso l’idea di standardizzarne l’applicazione, riconoscendo la necessità di linee guida per garantire maggiore sicurezza e efficacia.
Gli operatori che praticano la coppettazione sostengono che i benefici derivino dal miglioramento della circolazione sanguigna nelle aree trattate. Tuttavia, i medici avvertono che le ricerche scientifiche che avvalorano tali affermazioni sono piuttosto scarse. Gli articoli che analizzano il funzionamento della coppettazione sono, infatti, limitati e spesso non forniscono risultati conclusivi. Secondo uno studio pubblicato nel ‘Quarterly Journal of Medicine’, le evidenze a favore della sua efficacia sono molto deboli.
Uno studio sistematico condotto tra il 1980 e il 2013, analizzando gli articoli presenti su Medline, ha trovato solo una sperimentazione controllata randomizzata su 29 lavori esaminati. La maggior parte di questi articoli si limitava a riportare casi isolati piuttosto che offrire risultati generalizzabili. Inoltre, nel 2012, un’analisi su sperimentazioni controllate evidenziava scarsi risultati, riconnettendo la coppettazione a una qualità metodologica inadeguata. È emerso che, nella maggior parte dei casi, la pratica non porta a miglioramenti significativi rispetto a trattamenti alternativi.
Nonostante la mancanza di evidenze scientifiche a sostegno della coppettazione, emergono anche preoccupazioni riguardo a possibili effetti avversi di questa pratica. Medici come Salvo Di Grazia avvertono che il Cupping può comportare rischi fisici, come rottura dei vasi sanguigni, ematomi, infezioni e dolore. Questa preoccupazione è amplificata dal fatto che, sebbene la maggior parte dei trattamenti utilizzi poche coppette, in alcuni casi si possono applicare molte more, aumentando i rischi per il paziente.
Una revisione sistematica del 2014 ha indicato come un uso prudente e informato della coppettazione possa ridurre gli effetti negativi, sotto la supervisione di operatori esperti. I medici sottolineano l’importanza di ricorrere a professionisti qualificati per evitare complicazioni potenzialmente gravi. È cruciale che i pazienti siano informati dei rischi e delle limitazioni di una pratica che, se da un lato può apparire attraente e totalmente naturale, dall’altro non è priva di pericoli e controindicazioni.