La danza maori conosciuta come haka ha assunto un significato profondo e politico in Nuova Zelanda, generando dibattiti accesi. Durante la recente partita contro l’Italia a Torino, l’esecuzione della haka ha assunto un valore simbolico, grazie al messaggio lanciato da TJ Perenara, che ha voluto sottolineare la necessità di sostenere le proteste legate al Trattato di Waitangi. Questo evento ha messo in luce il legame indissolubile tra sport e politiche sociali, evidenziando le tensioni culturali presenti nel paese.
L’esecuzione della haka prima della partita di sabato, come riportato dal “NZ Herald”, ha rappresentato più di una semplice tradizione. I versi pronunciati da Perenara, “Toitū te mana o te whenua, toitū te mana motuhake, toitū te tiriti o Waitangi”, sono un chiaro richiamo alla sovranità della terra, del popolo e del Trattato di Waitangi. Questo versetto è di fondamentale importanza per il popolo Maori, poiché incarna le rivendicazioni di giustizia sociale e di rispetto della propria identità culturale. Perenara, in qualità di capitano per l’ultima volta, ha utilizzato questo momento per esprimere il proprio sostegno a una causa che ha visto l’aggregazione di decine di migliaia di cittadini: la marcia più grande a favore del popolo Maori nella storia della Nuova Zelanda.
La hīkoi, iniziata a Capo Reinga e culminata a Wellington, ha un significato profondo. Grazie a questo evento, svoltosi con un imponente afflusso di 42mila partecipanti, i neozelandesi hanno manifestato il loro disappunto contro la proposta di legge che intende modificare il Trattato di Waitangi, estendendone l’applicazione a tutti i cittadini neozelandesi. Questa iniziativa, datata 1840, rappresenta un accordo cruciale tra la Corona britannica e i leader di tribù Maori, e il tentativo di modifica ha sollevato timori legati alla perdita di identità culturale e diritti fondamentali per il popolo Maori.
La hīkoi è molto più di una semplice manifestazione: è un simbolo di lotta e di unità per il popolo Maori. Alla base della marcia c’è la richiesta di annullamento della proposta di legge considerata offensiva e potenzialmente distruttiva nei confronti della cultura Maori. Questa mobilitazione ha visto la partecipazione di individui da diverse etnie e gruppi, riaffermando che i diritti dei Maori sono una questione collettiva riguardante l’intera nazione. La presenza di partecipanti da ogni parte della Nuova Zelanda ha rinvigorito il dibattito sull’inclusione culturale e il riconoscimento dei diritti specifici, non solo per i Maori, ma per una vera comunità nazionale.
I commenti di Perenara, sia prima che dopo la partita, indicano un desiderio di unità tra Maori e altre etnie neozelandesi: “è importante riconoscere l’unificazione del nostro popolo”. Questa visione di inclusione trova sostegno anche tra le nuove generazioni, i cui membri sentono l’esigenza di unire le forze per garantire un futuro di riconoscimento e rispetto per la diversità culturale presente in Nuova Zelanda.
Le parole di Perenara hanno suscitato reazioni contrastanti nel panorama politico neozelandese. Debbie Ngarewa-Packer, co-leader del partito Maori, ha evidenziato l’importanza del messaggio espresso durante la haka, sottolineando la necessità di proteggere Te Tiriti, il Trattato di Waitangi. Per lei, il rispetto dei diritti Maori è essenziale per la tutela di tutta la nazione: “Proteggere Te Tiriti significa proteggere tutti i neozelandesi”.
D’altro canto, la reazione di David Seymour, leader dell’ACT Party e sostenitore della proposta di legge sui principi del Trattato, pone interrogativi sulla portata delle affermazioni di Perenara. Seymour ha esortato Perenara a esaminare la legge, sottolineando che essa prevede diritti e doveri equivalenti per tutti i neozelandesi. Questo scambio di opinioni è emblematico delle difficoltà legate alla riconciliazione tra Maori e non Maori, una questione centrale nel discorso pubblico neozelandese.
In un contesto storico e culturale complesso come quello neozelandese, la haka rappresenta non solo un rito sportivo, ma anche uno strumento di lotta politico e sociale, evidenziando così il ruolo che il rugby può giocare nell’argomentare questioni di diritti civili, giustizia e identità culturale.