La Juventus ha deciso di impugnare il Lodo Ronaldo presentando un ricorso presso il Tribunale di Torino contro l’arbitrato dello scorso 17 aprile. Il club bianconero contesta il pagamento di 9,8 milioni di euro al fuoriclasse portoghese, sostenendo di aver agito correttamente nell’ambito della manovra stipendi e di non dovere nulla al suo ex calciatore Cristiano Ronaldo.
La controversia sulla manovra stipendi
Il caso ruota attorno alla seconda manovra stipendi della Juventus per la stagione 2020/21. Alcuni calciatori rinunciarono parzialmente allo stipendio per sostenere il club in un periodo di difficoltà legate alla pandemia. Ronaldo avrebbe siglato un accordo privato con la società , noto come “carta Ronaldo“, per il recupero delle somme rinunciate in caso di separazione. Tuttavia, i 19,5 milioni dovuti non sono mai stati saldati, portando il calciatore a rivolgersi al Tribunale.
I dettagli della controversia legale
La difesa della Juventus sostiene che Ronaldo non abbia mai firmato il documento riguardante l’integrazione degli stipendi mancanti e che, al momento del trasferimento al Manchester United nell’estate del 2021, dichiarò di non avere ulteriori crediti pendenti. La sentenza precedente ha stabilito una colpa condivisa, riconoscendo alla Juventus una responsabilità pre-contrattuale nel mancato accordo e ordinando un pagamento di circa 9,8 milioni di euro, la metà della richiesta di CR7.
La Juventus, in risposta all’arbitrato, ha espresso la volontà di valutare tutte le opzioni per difendere i propri interessi, lasciando aperta ogni possibile azione legale a tutela dei propri diritti.
La posizione della Juventus
Il club bianconero sostiene di aver agito correttamente e in buona fede durante le trattative con Cristiano Ronaldo, contestando la decisione dell’arbitrato di Torino. La vicenda continua a tenere banco nel mondo del calcio, con entrambe le parti decise a difendere le proprie ragioni davanti ai tribunali. Resta quindi aperto il capitolo del Lodo Ronaldo, con la Juventus pronta a battersi per far valere le proprie ragioni in un’accesa battaglia legale.