L’episodio legato alla kefiah posizionata nella mangiatoia del Bambinello del presepe allestito da Papa Francesco ha generato un ampio dibattito, suscitando una serie di proteste. La Sala Stampa della Santa Sede ha confermato che la stoffa simbolica, proveniente dalla Palestina e messa a disposizione all’ultimo momento dall’artista, non era parte dell’originale progettazione dell’opera. Nonostante le polemiche, la tradizione del presepe continua e il Bambinello tornerà al suo posto per le celebrazioni della vigilia di Natale.
Il significato della kefiah e le reazioni
La kefiah, indumento tradizionale arabo, rappresenta un simbolo di identità culturale e politica per molti palestinesi. La sua presenza nel clima sacro della Cappella dell’Aula Paolo VI ha scatenato un acceso confronto tra sostenitori e detrattori. Molti critici hanno vissuto l’inserimento di tale indumento come un atto politicizzato, considerandolo inappropriato in un contesto religioso e a clima natalizio. D’altro canto, sostenitori di questa scelta hanno visto la kefiah come un’opportunità per promuovere la pace e la solidarietà tra i popoli, richiamando l’attenzione sulla situazione in Palestina.
La Sala Stampa Vaticana si è affrettata a chiarire che la kefiah era stata inclusa in modo non pianificato, sottolineando che l’intento non era quello di esprimere alcun messaggio politico. L’artista, che ha creato il presepe, ha ammesso di aver voluto dare un omaggio alla cultura palestinese. Tuttavia, l’aggiunta ha destato un’ondata di critiche e reazioni da parte di diverse associazioni e gruppi, evidenziando le delicate relazioni tra arte, religione e politica.
Le tradizioni del presepe e il ritorno del Bambinello
In seguito alla rimozione della kefiah, la Sala Stampa Vaticana ha confermato la tradizione del presepe, che prevede che il Bambinello venga deposto nella mangiatoia durante la vigilia di Natale. Questa consuetudine si ripete ogni anno in tutto il mondo, riflettendo l’importanza della nascita di Cristo, momento di grande gioia e spiritualità per i fedeli. Il presepe allestito in Aula Paolo VI, realizzato dagli artigiani del Centro Piccirillo di Betlemme, rappresenta un legame profondo con le origini cristiane e una celebrazione delle tradizioni natalizie.
Come per ogni presepe, anche quello di San Pietro e della Cappella Paolo VI racchiudono simboli di speranza e rinascita. Le figure artistiche, i materiali naturali e i dettagli curati raccontano la storia della Natività e offrono ai visitatori un momento di riflessione e preghiera. Ogni anno, turisti e fedeli si recano in Vaticano per ammirare queste opere, rendendo omaggio alla tradizione cristiana e all’universalità del messaggio di pace che il Natale rappresenta.
La comunità musulmana e la recezione della controversia
Un altro aspetto che emerge da questa controversia è il punto di vista della comunità musulmana, che potrebbe interpretare la kefiah come un simbolo di riconoscimento e appartenenza culturale. Il precario equilibrio tra le varie identità religiose e culturali richiama l’attenzione sulla necessità di dialogo e comprensione reciproca. Mentre i media hanno riportato le proteste, è fondamentale considerare anche quelle voci che si battono per l’unità e la pace, elementi essenziali per qualsiasi celebrazione, inclusa quella del Natale.
Il Vaticano, dal canto suo, è da sempre un osservatorio privilegiato per le dinamiche interreligiose e interculturali. Il suo impegno nella promozione del dialogo tra diverse fedi si sarebbe potuto rispecchiare anche in questa scelta, seppure controversa. La delicata situazione ha evidenziato l’esigenza di un rispetto reciproco tra culture e tradizioni, un tema sempre attuale e cruciale in un mondo segnato da divisioni.
In ogni caso, il gesto di riposizionare il Bambinello con rispetto e umiltà rappresenta un forte messaggio di ritorno alla tradizione e devozionalità che caratterizzano il Natale, allontanando eventuali intenti politici e riaffermando la centralità della figura di Gesù, cuore pulsante di questa festività .