Il dibattito sul terzo mandato del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, è più acceso che mai. Carlo Iannello, professore di Diritto Pubblico all’Università Vanvitelli, ha inquadrato la situazione attuale, sottolineando come l’esito dipenda in gran parte dalle scelte del presidente. Il tema non si limita a una semplice questione elettorale, ma porta alla luce problematiche di fondo legate alla forma di governo regionale.
La questione del terzo mandato in Campania trae origine da un errore di concezione presente nella legge costituzionale numero 1 del 1999. Secondo Iannello, l’aumento esponenziale dei poteri conferiti al presidente della Regione ha creato un vuoto normativo riguardante il numero di mandati consentiti. «Sarebbe stato necessario stabilire un limite chiaro direttamente nella Costituzione», ha affermato Iannello, evidenziando come, al contrario, la questione sia stata lasciata al libero arbitrio delle singole Regioni. Questo ha generato situazioni disparate in tutto il Paese, dove altre regioni hanno scelto di optare per un terzo mandato per i loro presidenti, creando un panorama giuridico confuso e variegato.
Nella Campania, dunque, la decisione sul futuro di De Luca sembra essere intrinsecamente legata alle sue aspirazioni politiche. Le norme vigenti stabiliscono che un presidente non può essere rieletto dopo due mandati, ma la legislazione lascia spazi interpretativi ampi. Si tratta di una questione che si gioca non solo a livello giuridico, ma anche come espressione di volontà politica.
A fronte delle norme che regolano la candidabilità, la posizione attuale di De Luca non appare a rischio. Secondo Iannello, nel caso De Luca decidesse di candidarsi e venisse rieletto, la prima verifica dell’elezione sarebbe svolta dal Consiglio Regionale, il quale potrebbe essere considerato “suo” in quanto sostenuto da una maggioranza. Il professore chiarisce che l’eventuale passaggio alla magistratura ordinaria sarebbe un passaggio successivo, non immediato.
Questo contesto offre a De Luca un margine di manovra significativo. La sua popolarità e il supporto all’interno del Consiglio regionale potrebbero fornirgli una rete di protezione, rendendo così complesso per i suoi oppositori mettere in discussione la sua elezione. Se dovesse decidere di continuare a guidare la Regione, potenzialmente avrà davanti a sé un percorso che potrebbe portarlo a un terzo mandato.
Un ulteriore tema sul tappeto riguarda l’eventuale intervento del governo nazionale. Anche in caso di contestazione, Iannello rimarca che le tempistiche legate a procedimenti di incostituzionalità sarebbero molto lunghe. Questo scenario presenta a De Luca una doppia opportunità: continuare a governare mentre si presenta la possibilità di dimettersi temporaneamente per guadagnare tempo. Dati i flussi della politica, tale strategia potrebbe portare a una gestione più flessibile delle tensioni politiche.
La struttura giuridica attuale, così come descritta da Iannello, non offre porte aperte a soluzioni rapide. Anche se il governo fosse determinato a intervenire, il percorso per porre le questioni sulla costituzionalità della legge richiederebbe tempo e non garantirebbe risultati immediati. Quindi, De Luca potrebbe cavalcare l’onda di questa incertezza.
Carlo Iannello si addentra anche nel tema della forma di governo regionale, affermando che non si tratta solo di un problema di legislazione elettorale ma di una mancanza sistemica. La forma di governo vigente è stata definita da Gianni Ferrara “feudalesimo elettivo”, segnalando come il potere sia concentrato nelle mani del presidente a scapito del Consiglio regionale, che risulta relegato a un ruolo subordinato. Questo accentramento di potere nel ruolo del presidente ha radici che affondano nei cambiamenti apportati dalle riforme degli anni ’90, concepite per aumentare la partecipazione, ma che di fatto hanno emarginato gli organi elettivi regionali.
Le riforme portate avanti in quel periodo non hanno avuto l’effetto desiderato, anzi, hanno contribuito all’allontanamento dei cittadini dalle scelte politiche locali, creando un vuoto di partecipazione. Questo riporta in primo piano l’esigenza di riconsiderare il modello di governance a livello regionale per ripristinare un equilibrio tra le varie istituzioni.
In sintesi, la questione del terzo mandato di De Luca non è soltanto una battaglia politica, ma riflette una crisi più ampia del sistema democratico regionale, necessitando di riflessioni profonde anche per il futuro del governo locale in Campania.