Nel panorama delle serie TV italiane, ‘Acab’ ritorna con una nuova interpretazione che affonda le radici nella tensione sociale della nostra epoca. A 13 anni dall’uscita al cinema del film originale di Stefano Sollima, questa serie, diretta da Michele Alhaique e ispirata al libro di Carlo Bonini, si propone di affrontare tematiche urgenti come la dialettica fra ordine e caos, in un contesto in cui gli scontri tra forze dell’ordine e cittadini sollevano interrogativi profondi sul ruolo della polizia.
Trama avvincente: la nascita di una nuova squadra
La serie inizia con una scena intensa che si svolge in Val di Susa, dove la violenza di una notte di disordini lascia la squadra del Reparto Mobile di Roma in una situazione critica, orfana del suo capo gravemente ferito. Tra i protagonisti emergono Mazinga, interpretato da Marco Giallini, Marta e Salvatore , i quali formano un’unità non convenzionale. Ai disordini, questi poliziotti non rispondono solo con le forze, ma si aggregano come una vera e propria tribù, con legami che vanno al di là del lavoro. La loro “famiglia” è forgiata dalle esperienze e dalle frustrazioni accumulate sul campo, rendendo il racconto non solo focalizzato sull’azione, ma anche sull’umanità di coloro che indossano l’uniforme.
Attraverso sei episodi, il pubblico può immergersi in una narrazione che non teme di affrontare temi scottanti, riflettendo su un’istituzione complessa come quella della polizia, alla quale è attribuita una responsabilità sociale enorme. Gli scontri e i conflitti non sono solo situazioni di tensione fisica, ma rappresentano anche battaglie interiori, rifiuto e incertezze che i protagonisti devono affrontare quotidianamente.
Il ritorno su Netflix: un crudo specchio della realtà contemporanea
Dal 15 gennaio, ‘Acab’ sarà disponibile su Netflix, presentato come un’opera necessaria nel panorama attuale. La vicepresidente per i contenuti italiani di Netflix, Tinny Andreatta, ha sottolineato l’urgenza di raccontare questa storia, evidenziando l’intreccio tra azione e analisi sociale: “è una storia che utilizza gli stilemi di un genere, action e crime, ma va al di là per affondare lo sguardo su un sistema complesso”. Così, la narrazione diventa un’opportunità per discutere il conflitto tra le regole dell’ordine pubblico e la crescente tensione sociale.
La serie arriva in un momento in cui il dibattito pubblico è scosso da eventi recenti, come gli scontri avvenuti a causa di eventi tragici come la morte di Ramy Elgaml a Milano. Qui, si fa sentire la pesante eredità degli avvenimenti che hanno segnato il passato, come il G8 di Genova. Proprio l’evoluzione del discorso attorno alla polizia ed i recenti sviluppi normativi, come l’introduzione delle body cam e l’inclusione delle donne nella celere, offrono un contesto di riflessione a cui la serie fa riferimento.
Le parole dei creatori e la loro visione
Stefano Sollima, che in questa occasione ricopre il ruolo di produttore esecutivo, ha condiviso la sua esperienza fondamentale legata al film originale. Ha messo in luce il modo in cui il progetto l’abbia trasformato, apprendendo a fissare obiettivi più ampi e obiettivi più profondi nella narrazione. “Questa è una storia che puoi girare solo facendo un passo indietro senza giudicare niente e nessuno”, afferma Sollima. La sua visione invita a considerare le esperienze quotidiane dei poliziotti, capaci di far emergere dilemmi morali che affrontano in circostanze estremamente cariche di tensione.
Carlo Bonini, giornalista e co-sceneggiatore, ha evidenziato l’importanza di maggiore attenzione sulla condizione psicologica delle forze dell’ordine, sottolineando che spesso le decisioni vengono prese in attimi, sotto enormi pressioni. In un presente in cui il conflitto sociale rimane attuale e carico di significati, ‘Acab’ si posiziona come un’opera che non si limita a raccontare una storia di poliziotti, ma cerca di invocare una riflessione sulla società e le sue fratture. Gli osservatori possono, quindi, attendere con interesse le esplorazioni che questa nuova serie avrà da offrirci.