La consuetudine di scegliere la “parola dell’anno” da parte di editori e dizionari sta acquisendo sempre più rilevanza, diventando un vero e proprio riflesso delle tendenze culturali e dei sentimenti predominanti. Negli ultimi anni, questo processo si è evoluto, passando da un semplice riconoscimento di termini significativi a una competizione per evidenziare nuovi slang, preferibilmente quelli inventati dalla generazione più giovane. Varie istituzioni, da Collins a Oxford, hanno presentato le loro scelte, ognuna con temi e significati che rivelano molto su un’epoca in continua trasformazione.
I terminologie scelte dai grandi dizionari
Ogni anno, i principali dizionari e le riviste linguistiche elaborano il loro elenco di parole significative. Collins ha optato per “brat,” termine che rappresenta il fenomeno dell’album di Charli XCX, associato alla forza e all’audacia femminile. Questa scelta rispecchia non solo una tendenza musicale, ma anche un empowerment crescente per le donne, rendendo “brat” un simbolo di ribellione e di autenticità. D’altra parte, Cambridge ha nominato “manifest,” un termine caro agli influencer, che racchiude l’idea di desiderare intensamente e portare a termine tali desideri.
Oxford ha scelto “brain rot,” evidenziando il senso di confusione derivante dall’eccessivo uso dei social media e dalla consequente ossessione per il contenuto online, mentre “slop,” riguardante i contenuti di bassa qualità generati dall’intelligenza artificiale, ha catturato l’attenzione come secondo classificato. Dictionary.com ha fatto notizia con “demure,” un termine usato in modo ironico per descrivere quel comportamento più misurato di chi è solito apparire impulsivo sui social.
La generazione Z e l’evoluzione del linguaggio
Taste e trend di quest’anno evidenziano chiaramente come il linguaggio contemporaneo stia inglobando una varietà di influenze da parte della Generazione Z. Parole come “rizz,” scelta dell’anno precedente, mettono in risalto il modo in cui le nuove espressioni linguistiche si formano in ambienti digitali e giovanili. La difficoltà per le generazioni più anziane di comprendere questi termini sottolinea un cambiamento culturale: le parole non sempre definiscono concetti tradizionali, ma diventano veicoli per emozioni e sensazioni, similmente all’ideologia dei meme.
Queste nuove espressioni, spesso veicolate da social media come TikTok, non si limitano a descrivere atti o oggetti, ma si concentrano su vibrazioni, estetiche e microtrend. Ad esempio, il termine “demure” ha preso piede grazie a un video virale associato, dove il tono e il contesto ne hanno amplificato il significato. Questo aspetto “multimodale” fa emergere nuovi significati e rappresentazioni che superano l’uso tradizionale delle parole.
Trendbait e frasi effimere
Il concetto di “trendbait” è un altro fattore significativo nel panorama linguistico attuale, in cui influencer e creatori di contenuti producono frasi e parole per attirare l’attenzione e aumentare il loro seguito. Questa fenomenologia porta alla nascita di termini spesso divertenti ma senza peso effettivo. Frasi come “skibidi,” per esempio, esplodono in fama senza una reale sostanza, accontentando per lo più un pubblico in cerca di intrattenimento e novità.
Nel frattempo, la rivista Dazed ha criticato le scelte dei dizionari, ritenendo che un suffisso come “-maxxing” avrebbe dovuto ricevere anch’esso il riconoscimento. Questo termine esprime l’idea di massimizzare o esagerare la propria immagine, un comportamento che ha trovato particolare eco tra i giovani uomini. Sotto questo ombrello si possono rintracciare pratiche come “looksmaxxing,” dove i ragazzi cercano modi per migliorare la loro estetica attraverso cambiamenti drastici e a volte poco salutari, seguiti da approcci più lievi come “softmaxxing.”
Parole dell’anno e triste realtà contemporanea
A dispetto di scelte ludiche e giocose, è evidente che alcuni editori scelgono parole che affrontano tematiche più urgenti e preoccupanti. Merriam-Webster ha fatto un lavoro diverso, puntando su “polarizzazione,” un termine che ben rispecchia le divisioni sociali attuali. Anche Macquarie, in Australia, ha scelto “enshittification,” un termine che descrive un certo degrado sociale e funzionale delle istituzioni.
L’Economist ha optato per “kakistocracy,” un termine satirico per descrivere il governo dei peggiori, una definizione che esprime il disincanto nei confronti delle élite politiche contemporanee e i loro fallimenti. Lo slang di internet continua a evolversi, riflettendo una realtà che va oltre la mera curiosità linguistica e invita a una riflessione profonda sul mondo in cui viviamo.
Affrontando il linguaggio del nostro tempo, è chiaro che le parole dell’anno non sono solo un gioco di fantasia, ma una finestra su una realtà complessa, carica di significati e interpretazioni, che merita di essere osservata con attenzione.