La questione ultras in Italia: riflessioni e prospettive dal caso di Milan e Inter

Il dibattito riguardo al fenomeno degli ultras sta accendendo il panorama sportivo italiano, specialmente dopo l’emergere di indagini che hanno coinvolto club di Serie A, in particolare Milan e Inter. Guido Trombetti, intervistato da Il Mattino, offre una sua visione su una questione che è tornata al centro dell’attenzione pubblica, mettendo in luce problematiche e possibili soluzioni ispirate a modelli di intervento già attuati in altri paesi. La triste realtà degli arresti pone interrogativi non solo sulle responsabilità individuali, ma anche sul sistema di gestione della sicurezza negli stadi.

Il fenomeno degli ultras e le recenti indagini

La cultura ultras in Italia è un fenomeno complesso, intriso di passione per il calcio, ma anche di significativi problemi di ordine pubblico. I recenti sviluppi, tra cui l’arresto di leader di gruppi ultras, hanno scosso l’opinione pubblica e il mondo sportivo. Trombetti sottolinea la sua incredulità di fronte alla sorpresa suscitata dagli arresti, suggerendo che ben poche persone sono realmente sorprese dalla presenza di “elementi inquietanti” all’interno di questo mondo. Infatti, la miscela di fandom e comportamenti al limite della legalità è una caratteristica frequentemente associata a gruppi di tifosi organizzati.

Negli anni, l’argomento ha ricevuto attenzione sia da parte delle autorità sportive sia dalle forze dell’ordine, che hanno tentato di contenere episodi di violenza e intimidazione. Tuttavia, l’accento deve essere messo sulla necessità di un approccio uniforme e sistematico, poiché la soluzione a questi problemi non può ricadere unicamente sugli organi di controllo delle società sportive.

Già diversi anni fa, l’Inghilterra ha avviato una ferrea campagna contro gli hooligans, creando registri e implementando misure restrittive per il loro accesso agli eventi calcistici. Questo modello di intervento è un esempio significativo di come una strategia ben congegnata possa contribuire a ridurre i comportamenti violenti e a proteggere l’integrità delle partite.

Le differenze con il modello inglese

Il modello inglese si distingue per l’efficacia delle politiche di prevenzione della violenza negli stadi, orientate a isolare i comportamenti devianti e tutelare il pubblico. In Italia, la questione si complica ulteriormente a causa di una serie di fattori storici e culturali connessi alla passione per il calcio. Il sistema di sicurezza degli stadi italiani ha mostrato punti deboli, dovuti in parte alla mancanza di coordinamento tra le varie autorità coinvolte e alla scarsa integrazione tra l’attività delle società sportive e quella delle forze dell’ordine.

Trombetti pone l’accento sulla necessità di “schedare gli hooligans”, un approccio che potrebbe non solo limitare l’accesso di individui problematici agli eventi sportivi, ma anche garantire il coinvolgimento attivo delle autorità nella gestione della sicurezza. Proibire agli ultras di lasciare le proprie abitazioni durante le partite, come accade nel Regno Unito, potrebbe fungere da deterrente efficace.

Questo tipo di misure non è soltanto un diritto delle istituzioni, ma un dovere verso i tanti tifosi che desiderano vivere il calcio in un ambiente sereno e privo di intimidazioni. La risposta dello Stato deve essere ferma e decisa, per affrontare non solo le conseguenze ma anche le cause alla radice del problema.

Le responsabilità delle società sportive

Tornando alla questione delle responsabilità, l’opinione di Trombetti potrebbe indicare una verità scomoda per alcuni: la debolezza dello Stato è un problema interconnesso alle carenze delle società sportive. Se da un lato le società devono farsi carico della gestione del tifo organizzato e delle sue eventuali derive violente, dall’altro bisogna riconoscere che la mancata implementazione di normative efficaci e il non rispetto delle leggi vigenti frequentemente contribuiscono alla perpetuazione di comportamenti illeciti.

La responsabilità di formazione dei tifosi, l’educazione alla legalità e il rispetto delle norme comportamentali riguardanti la sicurezza negli stadi sono tutti fattori fondamentali che le società devono affrontare con serietà. La sfida è dunque duplice: garantire la sicurezza durante le partite e promuovere una cultura sportiva sana. È compito delle istituzioni e delle società sportive collaborare per evitare che tale problematica si aggravi ulteriormente, investendo risorse non solo per il controllo dell’ordine pubblico, ma anche per la creazione di iniziative sportive e sociali che coinvolgano i tifosi in modo costruttivo.

Il panorama attuale richiede un ripensamento collettivo, affinché il calcio italiano possa ritornare a essere una manifestazione di gioia e passione e non un campo di battaglia.

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Filippo Grimaldi