Il recente voto della Camera dei Deputati riguardo la proposta di riforma che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri ha acceso un dibattito acceso, particolarmente tra esperti di giurisprudenza. La norma, approvata con 174 voti favorevoli, 92 contrari e 5 astenuti, mira a ristrutturare i rapporti tra politica e giustizia. Tuttavia, il Presidente del Tribunale di Palermo, Piergiorgio Morosini, ha espresso forti riserve, sostenendo che questa iniziativa rappresenta un pericoloso allontanamento dal modello progettato dai padri costituenti, contribuendo a una crescente interferenza della politica sull’azione giudiziaria.
La separazione tra giudici e pubblici ministeri: un passo controverso
Il disegno di legge sulla separazione delle carriere è solo l’inizio di un lungo processo legislativo, che prevede ulteriori votazioni sia alla Camera che al Senato. Questa riforma viene presentata come misura necessaria per implementare una giustizia più bilanciata, ma Morosini avverte che le vere implicazioni potrebbero essere ben diverse. Innanzitutto, la nuova disposizione potrebbe compromettere la serenità dell’esercizio della giurisdizione mettendo in discussione l’autonomia della magistratura. Questo obiettivo, secondo il magistrato, sembra piuttosto mirato a rafforzare il controllo politico sull’operato dei giudici.
Morosini ha anche messo in luce come la riforma intenda depotenziarne il Consiglio Superiore della Magistratura , il quale è stato istituito con lo scopo di proteggere l’indipendenza dei magistrati. La riforma prevede un rafforzamento della componente laica del Csm, a discapito della parte togata, composta da magistrati. Questo cambiamento, sostiene il presidente del Tribunale, non solo minaccia di compromettere l’indipendenza della giustizia, ma potrebbe anche delegittimare un’intera categoria di professionisti che, nella maggior parte dei casi, operano in modo etico e responsabile.
Critiche sulla gestione del Csm e ruolo delle minoranze
Una delle critiche più forti mosse alla riforma riguarda come viene gestito il Csm. Morosini sottolinea come la proposta di riforma preveda un sorteggio per la selezione dei membri della componente togata che non garantisce una rappresentanza adeguata e pluralista. Anziché valorizzare la professionalità e la specificità dei diversi ambiti giuridici, tale modalità rischia di avere un effetto controproducente. Secondo Morosini, è necessario favorire una rappresentanza più diversificata, includendo giudici con specifiche esperienze nei settori del lavoro, minorile, immigrazione e impresa, per permettere decisioni più informate e consapevoli.
La riforma non solo inasprisce la distinzione tra le funzioni del pubblico ministero e quelle del giudice, ma sembra anche ignorare le attuali pratiche desiderate a livello europeo. Secondo documenti ufficiali, come la Carta di Roma del 2014, la flessibilità e l’intercambiabilità delle funzioni sono considerati elementi fondamentali per un efficace sistema giuridico. Ciò che preoccupa Morosini è che, nonostante le riforme degli ultimi vent’anni abbiano già generato una separazione crescente tra giudici e pubblici ministeri, il nuovo assetto proposto porterà a una giustizia ancora più distante e burocratica.
I timori di un potere statale in crescita
Il magistrato avverte che l’assetto proposto potrebbe non costituire un argine a eccessi di controllo penale, ma al contrario, fornirebbe un nuovo livello di potere alle istituzioni statali rispetto a quanto mai visto nella storia costituzionale della repubblica. Questo timore porta a una riflessione profonda sulla direzione della magistratura italiana, lasciando presagire che potenzialmente questo tipo di riforma possa essere accettata dalla politica solo per un periodo limitato.
Infine, anche le proposte riguardanti l’Alta Corte sono state ritenute inadeguate da Morosini. Inizialmente pensata come un organismo per la responsabilità disciplinare di tutte le magistrature, ora sembra limitarsi a valutare solo i magistrati ordinari, penalizzando ulteriormente la diversità già presente nel sistema.
La direzione verso cui si sta muovendo il dibattito legislativo sulla giustizia italiana è chiara: rimane da vedere come si svilupperà nei prossimi mesi e quale impatto avrà su un sistema che si basa sull’equilibrio tra le istituzioni e la giustizia.