A Castellammare di Stabia, la recente vicenda che ha portato all’arresto di una professoressa di sostegno presso l’istituto “Catello-Salvati” ha aperto un dibattito acceso tra genitori e istituzioni. Teresa Manzi, protagonista della protesta insieme ad altri genitori, condivide la sua esperienza e le emozioni che hanno accompagnato questa difficile situazione. La sua testimonianza è un importante pezzo del mosaico che racconta il clima di insicurezza vissuto dai ragazzi e la battaglia per il riconoscimento dei propri diritti.
Un percorso verso la serenità per i bambini
Dopo giorni di tensione e incertezze, la madre Teresa Manzi esprime la sua soddisfazione per il fatto che finalmente i bambini stiano ricevendo giustizia. “Ora possono tornare a scuola in serenità, la nostra scuola è tornata a essere un posto sicuro,” afferma visibilmente emozionata. Un’affermazione carica di significato, che riflette la speranza di un futuro migliore. Sebbene alcuni studenti siano già tornati in aula, non tutti riescono a vivere questa transizione con facilità. Alcuni di loro frequentano percorsi di supporto psicologico e hanno ancora difficoltà a superare gli incubi notturni legati agli eventi recenti. La strada per recuperare la normalità sarà lunga e complessa, ma Teresa è decisa a combattere insieme ad altri genitori per garantire un ambiente scolastico sereno e accogliente.
La realtà dietro le accuse: “La saletta” e la mancanza di credibilità
L’indagine ha rilevato fatti gravi, più complessi rispetto alle iniziali proteste. “La saletta” non era solo il nome di un gruppo chat, ma anche il luogo fisico dove avvenivano pratiche inaccettabili. Secondo Teresa, la situazione è andata ben oltre le parole, con episodi che coinvolgevano l’insegnante e gli studenti. “Qui si proiettavano video sotto la supervisione dell’insegnante, mentre un alunno doveva stare in guardia,” racconta, descrivendo una dinamica inquietante. Alcuni credevano che questa storia fosse frutto dell’immaginazione, ma oggi per lei quella posizione è cambiata. La chiusura dell’aula di informatica e il sequestro dimostrano la gravità di quanto accaduto. Teresa riflette, pensando a una chat in cui la docente minacciava una studentessa: “Me la pagherete.” Per lei, questa frase rappresenta un’ammissione chiara di colpevolezza.
Un gesto di rabbia contro l’indifferenza
La vicenda è partita da un’aggressione, un atto che Teresa e le altre madri non giustificano, ma che contestualizzano. “Siamo consapevoli che l’atto stesso non sia giustificabile,” spiega Teresa. Seppur non sia un comportamento da approvare, le madri si sono chieste perché fossero arrivate a un gesto così estremo. La gente tende a generalizzare, ma per loro il rione Scanzano è molto di più della camorra. “Noi avevamo ragione nel protestare per la sicurezza dei nostri figli,” afferma con determinazione. Le parole di una referente scolastica, che le aveva etichettate come bugiarde, non hanno fermato le madri volenterose di ottenere cambiamenti.
Una battaglia sociale e la speranza di un futuro diverso
La lotta di Teresa Manzi e degli altri genitori non si limita a una singola vicenda, ma rappresenta una questione sociale più ampia. Hanno dovuto fronteggiare anche l’ostracismo all’interno della comunità scolastica, impedendo loro di partecipare a eventi come la recita di Natale. Nonostante le paure e i rifiuti, Teresa continua a guardare al futuro con speranza. “Il maggiore dei carabinieri mi disse di non pensare alla recita di Natale, ma di guardare a Pasqua. Credo che ci sarà un miglioramento,” conclude, manifestando ottimismo per il percorso che hanno intrapreso.
La vicenda di Castellammare di Stabia ha sollevato domande importanti su sicurezza e diritti. Teresa, rappresentante di un gruppo di madri battagliere, non è disposta a fermarsi. Il racconto di questa storia prosegue e i riflettori restano accesi su una situazione che merita attenzione e giustizia.