Nel 1975, il Castello Aragonese di Baia non era solo una suggestiva struttura storica, ma un luogo oscuro che ospitava un orfanatrofio militare convenzionato con il Comune di Napoli. Questo articolo racconta le gravi violenze subite da centinaia di bambini, culminate in una lettera che ha spinto il sindaco Maurizio Valenzi e l’assessora Emma Maida a intervenire decisamente per porre fine agli abusi. Quasi cinque decenni dopo, la memoria di Valenzi viene ora onorata dal sindaco di Bacoli, Josi Della Ragione, attraverso l’intitolazione del belvedere del castello a suo nome.
Gli orfanotrofi, concepiti per sottrarre i bambini alla strada, avrebbero dovuto rappresentare un rifugio sicuro e un luogo di crescita. Tuttavia, nel caso del Castello di Baia, la situazione era ben diversa. La struttura ospitava circa cento minori, molti dei quali provenienti da contesti socio-economici difficili. I racconti dei ragazzi che vi abitavano parlano di abusi fisici e psicologici sistematici. Le notti erano caratterizzate da urla e pianti, mentre uno degli istitutori, identificato come O.C., infliggeva punizioni corporali e trattamenti disumani. Le lunghe ore di isolamento e le punizioni rivolte ai bambini che osavano ribellarsi alla sua autorità rappresentavano una quotidianità insostenibile.
Un’organizzazione che avrebbe dovuto prendersi cura delle necessità dei bambini si era trasformata in una sorta di istituto punitivo. Le camerate, fredde e affollate, non garantivano un ambiente sano, aumentando l’angoscia e l’insofferenza degli ospiti. Ai piccoli era negato anche il diritto a una vita dignitosa, un aspetto ulteriormente sottolineato dalla mancanza di cibo adeguato e condizioni igieniche deplorevoli.
Il 14 novembre 1975, la speranza di questi bambini si è manifestata attraverso una lettera disperata, scritta in un linguaggio semplice e sgrammaticato, ma che portava un messaggio potente e chiaro. Nella missiva, i piccoli denunciavano i maltrattamenti subiti e chiedevano aiuto. La lettera, inviata al sindaco Valenzi e all’assessora Maida, ha rivelato l’orrore che si celava dietro le porte del castello. Descriveva le punizioni inflitte dall’istitutore, compresa la costrizione a inginocchiarsi per periodi prolungati.
In esse traspare una vita caratterizzata da privazioni e sofferenze: la mancanza di alimenti nutritivi e l’assenza di cure igieniche minime. Anche il diritto a un’infanzia felice e giocosa era stato sottratto a questi bambini, costretti a vivere in un ambiente opprimente. La lettera ha rappresentato non solo un grido di aiuto, ma un atto di coraggio da parte dei piccoli che hanno trovato la forza di protestare contro le ingiustizie che subivano.
Dopo aver ricevuto e letto la lettera degli orfani, l’assessora Emma Maida, sostenuta dal sindaco Maurizio Valenzi, ha immediatamente compreso la gravità della situazione. Senza indugi, ha organizzato un’ispezione a sorpresa all’orfanatrofio. Quella visita si è trasformata in un momento cruciale: le condizioni riscontrate hanno confermato ogni sospetto e accusa contenuti nella lettera. Maltrattamenti, sofferenze e un clima di paura hanno caratterizzato l’ambiente.
La decisione di chiudere l’orfanatrofio al Castello di Baia è stata immediata e risoluta. Valenzi e Maida non si sono limitati a registrare le violenze, hanno aperto un percorso di recupero per i bambini, trasferendoli in strutture idonee e più sicure. Questo intervento ha segnato una pagina significativa nella storia dei diritti dell’infanzia a Napoli e ha dato una nuova opportunità a centinaia di ragazzi, restituendo loro la dignità spesso calpestata.
Negli anni successivi agli eventi tragici legati all’orfanatrofio, la figura di Maurizio Valenzi è stata progressivamente dimenticata dalla collettività, nonostante il suo profondo impegno per i diritti dei più vulnerabili. Recentemente, il sindaco di Bacoli, Josi Della Ragione, ha deciso di rendere omaggio a Valenzi intitolando il belvedere del Castello di Baia a lui. Questo gesto simbolico, mentre rimarca l’impatto del suo lavoro, evidenzia anche il vuoto che la città di Napoli ha lasciato in termini di memoria storica.
Lucia Valenzi, figlia di Maurizio, ha sottolineato l’importanza di ricordare le azioni del padre, non solo per celebrare il suo impegno civico, ma per suscitare consapevolezza sui diritti e i doveri verso le generazioni future. La sua storia, insieme a quella di Emma Maida e dei bambini liberati dalla prigionia, continua a rappresentare un monito sulla necessità di vigilare contro ogni forma di abuso, affinché la memoria di questi eventi possa guidarci verso un futuro in cui i diritti umani siano garantiti per tutti.